Oggi la Santa Pasqua assume un significato speciale. L’eco delle bombe arriva fino al sepolcro dal quale è rotolata la pietra tombale, ma le guerre che insanguinano il mondo non impediscono alla luce pasquale di illuminare l’umanità. Cristo è risorto! Quindi è sempre possibile ricominciare, anche dalle macerie. “Abbiamo la possibilità di aprirci e ricevere il dono della speranza – afferma papa Francesco -. Mettiamoci in cammino”.
In un tempo avvelenato dallo “spirito di Caino”, l’impegno di pace del Pontefice trae linfa dall’empatia che lo avvicina alle persone, dal dinamismo del rinnovamento spirituale e da una libertà interiore radicata nel Vangelo. Uno stile al contempo fraterno e paterno, soprattutto nel rapportarsi con le altre comunità cristiane, le altre religioni e le persone al di fuori della Chiesa. Le celebrazioni pontificie della Settimana santa, nel pieno della guerra in Ucraina, hanno porta nel cuore della Chiesa l’esperienza vissuta in un contesto diverso da quello occidentale ed europeo: quello dell’America Latina e in particolare delle megalopoli del Terzo Mondo e delle loro periferie.Il Papa come “defensor civitatis”, argine alla legge del più forte.
Una scossa salutare in una contemporaneità assuefatta alla mentalità bellica perché solo una prospettiva sinceramente “diversa” consente di uscire da alcune strettoie di un pensiero cinico e utilitaristico. E prospetta una virtuosa “exit strategy” rispetto ad una visione eurocentrica ormai superata dalla geopolitica e dalla globalizzazione socio-economica. Per capire la “ostpolitik” di Jorge Mario Bergoglio e inquadrare l’anelito ecumenico della sua azione di pacificazione degli scenari bellici, è utile comprenderne la radice profetica. Un esempio molto chiaro è l’uso del poliedro anziché della sfera come modello della realtà, con tutto quello che questo comporta in termini di salvaguardia della pluralità e delle differenze, all’interno della Chiesa e nel rapporto con la società. A differenza della sfera, identica da qualunque prospettiva la si guardi, il poliedro “riflette la confluenza di tutte le parzialità che in esso mantengono la loro originalità” (Evangelii Gaudium 236).
Dunque, pur avendo la sua unità, ciascuna faccia mantiene la concretezza della propria individualità. E l’aspetto dell’insieme dipende dal concorso di tutte. Per rimuovere i diabolici ostacoli sulla strada della pace serve, perciò, una Chiesa autenticamente universale, capace di cogliere tutte le sfaccettature del presente. L’Ecclesia è una delle facce di un poliedro irregolare che tiene insieme anche altre prospettive e competenze. In quanto tale, la Barca di Pietro mantiene un ruolo fecondo e prezioso da giocare anche sullo scacchiere internazionale, a condizione però di non preoccuparsi di essere al centro di tutto. In questo modo i principi della fede, lungi dal trasformarsi in motivo di conflitto e di contrapposizione all’interno della convivenza civile, risultano vivibili e appetibili anche per gli altri, nel maggior consenso e concordia possibili. E’ così che gli appelli pasquali di pace del Pontefice risultano in grado di motivare in profondità l’impegno per la giustizia, per la solidarietà e per la pace.
Applicando la lezione della “Gaudium et Spes”, Francesco offre una testimonianza capace di sottolineare le sfide e la responsabilità di tutti e di ciascuno. Tenendo aperto il canale della mediazione mentre altri tagliano i ponti. E proprio il dialogo è al centro dei negoziati che il Pontefice favorisce portando avanti senza arrendersi alle difficoltà dei tavoli diplomatici e interreligiosi. In un’epoca che aggrava pericolosamente le divisioni, Francesco insiste sulla condivisione, sulla collegialità delle decisioni. Camminare insieme è una sua espressione ricorrente, sia che parli ai leader del pianeta o ai movimenti popolari o all’umanità nel suo insieme.
Nessuna guerra può essere giusta e tutte sono un sacrilegio. La misericordia è invece l’attuazione del Vangelo e la manifestazione del Dna della Chiesa, che “vive un desiderio inesauribile di offrire misericordia, frutto dell’aver sperimentato l’infinita misericordia del Padre e la sua forza diffusiva” (Evangelii Gaudium 24). Di fronte alle distruzioni materiali e interiori degli oltre trenta conflitti in corso nel pianata, l’esercizio della conciliazione e della misericordia diventano il criterio di verità della fedeltà al Vangelo, nella comunità primitiva come nella Chiesa di oggi.
La Pasqua di Francesco “costruttore di ponti” attualizza e completa, quindi, gli esercizi spirituali di Sant’Ignazio di Loyola lungo un percorso autenticamente mistico: non per abbandonare il mondo e arrivare al settimo cielo, ma per scoprire il mistero che si cela nella profondità di ciò che si vive ogni giorno, anche nei momenti più cupi della storia. L’enciclica Laudato si’ insegna che l’universo si sviluppa in Dio, che lo riempie tutto, quindi c’è un mistero da contemplare in una foglia, in un sentiero, nella rugiada, nel volto di un sofferente. E’ con questa consapevolezza che la luce pasquale può rischiarare le tenebre dell’odio e della sopraffazione. Ed è così che il Risorto opera nella storia attraverso uomini e le donne di buona volontà.