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Liberiamo le vittime di tratta, schiave moderne

Foto di M P da Pixabay

Cuore della notte, pronto soccorso di un capoluogo dell’Italia centrale. Accompagno a farsi medicare Lucy, appena maggiorenne del Mali, vittima della tratta, ferita da un cosiddetto “cliente” che le ha chiuso un braccio nella portiera, scaraventava fuori dall’auto per non pagarle la prestazione sessuale mercanteggiata con il suo aguzzino. Choc, solitudine, paura, vergogna, senso di impotenza di fronte al sopruso, ultimo anello di una catena di ingiustizie. Ecco cosa significa essere una schiava moderna, vittima di tratta.

Sappiamo che la tratta è composta da diverse forme di sfruttamento, da quello sul lavoro alla piaga dell’accattonaggio, dalla mercificazione dei bambini cosi come a quella degli organi. Lo sfruttamento della prostituzione resta dai dati mondiali al primo posto tra le forme di tratta nel terribile traffico degli esseri umani imponendosi come la terza industria illegale al mondo dopo quella delle armi e della droga.

Nella prefazione al mio libro “Donne Crocifisse”, Jorge Mario Bergoglio ha definito lo sfruttamento sessuale delle vittime della tratta “una ferita alla coscienza collettiva, una deviazione all’immaginario corrente”. È patologica, infatti, la mentalità per cui una donna vada sfruttata come se fosse una merce da usare e poi gettare. È una malattia dell’umanità, un modo sbagliato di pensare della società. “Liberare queste povere creature è un gesto di misericordia e un dovere per tutti gli uomini di buona volontà- sostiene il Papa-. Il loro grido di dolore non può lasciare indifferenti né i singoli individui né le istituzioni. Nessuno deve voltarsi dall’altra parte o lavarsi le mani del sangue innocente che viene versato sulle strade del mondo”.

Serve, quindi, una presa di coscienza a livello individuale e collettivo, anche come Chiesa, “per aiutare veramente queste nostre sfortunate sorelle e per impedire che l’iniquità del mondo ricada sulle più fragili e indifese creature”. Qualsiasi forma di prostituzione è “una riduzione in schiavitù, un atto criminale, un vizio schifoso che confonde il fare l’amore con lo sfogare i propri istinti torturando una donna inerme”, avverte il Santo Padre.

All’Università Politecnica delle Marche le corone d’alloro poste sulla testa dei neolaureati sono state intrecciate dalle “donne crocifisse” tolte dalla strada e accolte alla “Casa tra le nuvole” della Papa Giovanni XXIII. Un piccolo ma significativo gesto di civiltà e solidarietà per dire che siamo tutti coinvolti in una mobilitazione delle coscienze. Non basta, infatti, condannare a parole la tratta, occorre impegnarsi personalmente per liberare le vittime della moderna schiavitù.

E’ stata questa la chiamata di don Oreste Benzi, Servo di Dio e fondatore della Comunità di cui faccio parte, che ho raccolto trent’anni fa per portare il mio contributo al contrasto di un “dramma globale” ripetutamente denunciato da Francesco. Oggi si celebra la Giornata mondiale istituita dall’Onu e il Papa ci esorta ad aprire gli occhi e le orecchie, per vedere gli invisibili e ascoltare chi non ha voce, per riconoscere la dignità di ciascuno e per agire contro ogni forma di sfruttamento. “La tratta è spesso ignorata perché la cultura dell’indifferenza ci anestetizza– afferma il Pontefice-. Spalanchiamo le vite e i cuori: non è mai troppo tardi per farlo. Ascoltiamo il grido di aiuto delle vittime, lasciamoci interpellare dalle loro storie, arriviamo alla radice del fenomeno, sradicandone le cause”.

In oltre venti milioni (75% donne) sono sfruttati sessualmente nei paesi di origine, transito e destinazione del traffico di esseri umani. Un terzo di loro sono minori. Sanare una piaga così atroce è obiettivo dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Le vittime della prostituzione coatta sono le moderne schiave e finché non saranno liberate non potrà essere dichiarata la concreta, effettiva abolizione della schiavitù.

La Convenzione delle Nazioni Unite indica le crisi globali, i conflitti e l’emergenza climatica come fattori che aumentano i rischi di tratta. Lo sfollamento e le disuguaglianze socioeconomiche stanno colpendo nuove fasce di popolazione in tutto il pianeta lasciandole vulnerabili allo sfruttamento da parte dei trafficanti. L’intera società civile è chiamata a fare la propria parte, agendo con responsabilità e coerenza morale.

Vergogna e scandalo sono parole ricorrenti nei moniti papali contro la tratta. A partire dalla “Evangelii gaudium” il Papa paragona a Caino chi si macchia delle diverse forme di complicità con cui la società copre il mercimonio coatto. Tocca a noi soccorrere Abele perché, come dice la scrittrice Jane Anger, non è mai esistito qualcuno così maltrattato, così vilipeso, così insultato, tanto crudelmente e ingiustamente calpestato come queste nostre sorelle.

Pubblicato su www.avvenire.it

don Aldo Buonaiuto: Fondatore e direttore editoriale di In Terris, è un sacerdote della Comunità Papa Giovanni XXIII. Da anni è impegnato nella lotta contro la prostituzione schiavizzata