In Germania sussistonoĀ figure di partito aconfessionali e di ispirazione cristiana. Per simili figure in Italia vi sarebbe uno spazio considerevole nellāarco costituzionale, nel cosiddetto Ā«centroĀ» politico, inteso come Ā«centralitĆ Ā» o Ā«centrismoĀ», che ĆØ di piĆ¹ di unāarea politica: ĆØ un metodo, un processo antropologico ed etico, caratterizzato dalla gradualitĆ delle riforme, dalla cultura della mediazione, dallāinterclassismo.Ā Come dimostra lāesperienza, i cattolici presenti in partiti che non sono affini con i loro ideali sono destinati a vivere ai margini o a soccombere, appena manifestano il loro dissenso rispetto a decisioni di scuderia. Non si tratta di vagheggiare partiti di testimonianza. Semmai di pensare a partiti di ispirazione cristiana, aconfessionali, comprensivi di credenti e non credenti, ma tutti in grado di condividere gli stessi ideali di libertĆ , di solidarietĆ e di sussidiarietĆ , di bene comune e di democrazia.
Ć davvero difficile pensare che i cattolici possano convivere fruttuosamente e a lungo in partiti in cui si smentisce costantemente la loro concezione di persona, di dignitĆ umana, di vita, dei diritti (oggi spesso interpretati in senso libertario, individualista, soggettivistico e del tutto slegati dai doveri), di libertĆ religiosa, di famiglia, di laicitĆ , di bene comune, di ecologia integrale. Ć, dunque, fondamentale pensare intanto a formare una presenza di cattolici, che lavori, collabori in sinergia, stimoli e presenti ai partiti proposte di leggi e soluzioni di problemi, organizzi forme di controllo, offra un progetto di societĆ e formi le nuove generazioni. Non appare saggio che si debba escludere aprioristicamente la possibilitĆ che si possano, poste certe condizioni, fondare nuovi partiti laici, di ispirazione cristiana, con il contributo di persone di buona volontĆ , aperte ad un dialogo interculturale.
Un nobile tentativo ci sembra quello che ĆØ sorto qualche tempo fa e che, per ora, porta il nome di Politica Insieme. Nel suo progetto culturale si incarna la prospettiva di una politica con meno tecnica e piĆ¹ pensiero pensante. Nel ripensamento del rapporto tra cattolici e politica va, dunque, rivista la teoria della diaspora. Questa, agli inizi degli anni Novanta, poteva apparire non solo come una necessitĆ motivata, ma anche come una preziosa opportunitĆ , persino come una Ā«benedizioneĀ», secondo alcuni. La diaspora rendeva evidente che il seme cristiano non poteva essere Ā«sequestratoĀ» da qualche compagine, in questo caso partitica, rinchiudendolo dentro involucri, che alla fine lo contraddicevano e lo rendevano sterile. Il lievito dei cristiani doveva far fermentare tutta la pasta. Oggi, invece, si osserva una valutazione piĆ¹ disincantata di questa forma di pensiero. La diaspora, teorizzata come un bene, al lato pratico ha provocato, come giĆ accennato, lāirrilevanza dei cattolici nella vita pubblica. E, fatto ancora piĆ¹ grave, ha lasciato dei segni di contrapposizione, provocando forti divisioni tra di essi.
Da piĆ¹ punti di vista, la teoria della diaspora appare politicamente un assurdo, perchĆ© il bene comune e i vari beni politici vanno conseguiti collaborando tutti insieme. PerchĆ© lāunitĆ sui valori ĆØ prima di ogni pluralismo, di ogni diaspora. PerchĆ© la diaspora implica una duplice debolezza teorica e pratica. Per un verso, essa comporta che i cattolici si rassegnino a rimanere minoranza, ovunque essi si trovino inseriti e, quindi, accettino di scomparire politicamente, proprio come lāimmagine del lievito lascia intendere. Col risultato che chi ĆØ minoranza non potrĆ mai vedere accolte le proprie istanze, a meno di gesti compassionevoli o buonisti da parte della maggioranza. E cosƬ, si verifica un paradosso davvero strano!
I cattolici entrano nei partiti per far avanzare un certo progetto politico che dice della loro identitĆ , pur sapendo che mai riusciranno a far valere le loro ragioni. NĆ© vale lāargomento ā troppo spesso adombrato ā secondo cui, su questioni di primaria importanza, i cattolici presenti nei diversi schieramenti potrebbero convergere in modo unitario invocando il āvoto di coscienzaā ā unāingenuitĆ , questa, davvero imperdonabile, che denuncia la totale ignoranza di quanto ci viene insegnato da tempo dai cosiddetti modelli a massa critica. E cioĆØ che, una volta avviato, un processo di trasformazione politica raggiunge il fine desiderato solo se il numero di coloro che ad esso aderiscono raggiunge una certa soglia, la cosiddetta massa critica. Diversamente,Ā il processo collassa o addirittura degenera.