La partenza di disperati dalle coste dell’Africa, della Libia in particolare, è inarrestabile e il fenomeno sembra incontenibile. Come e perché si muovono i trafficanti di esseri umani collegati e protetti da non pochi Paesi occidentali non è poi un così grande mistero. Gli enormi interessi sul Medio Oriente, l’instabilità della Libia fa ancora comodo a quei mercenari bisognosi di un'Italia debole, isolata e “commissariata”. Diversi Paesi Europei con in testa Francia e Germania, sembra che abbiano bisogno di questo disordine affinché l’Italia venga sempre più emarginata da certi mercati. Purtroppo ci pensano anche le mafie italiane a controbilanciare certi processi di mercato, sfruttando la profonda ignoranza di alcuni e la divisione interna di una politica internazionale poco rilevante. Mentre i migranti continuano ad annegare, l’Europa non può dirsi semplice assente ma si dimostra, con le sue omissioni, attivamente complice di queste sciagure. La prova tangibile è l’incapacità di una strategia unitaria per dare risposte concrete e immediate ai bisogni di questi disperati. Perché solo l’Italia ne discute, si lascia interpellare arrivando a sentirsi quasi in colpa dinanzi alla più totale indifferenza degli altri Paesi?
La posizione geografica, la storia e la cultura dell’Italia ci affidano sicuramente una responsabilità nel Mediterraneo. Il popolo italiano ha sempre onorato l’impegno che ne deriva. E ciò è accaduto in nome dei valori della solidarietà, della generosità, dell’ospitalità che da sempre costituiscono il capitale morale degli italiani; che deriva poi da quello evangelico, a cui gli italiani per storia e cultura, educazione millenarie da sempre corrispondono. Poi ci sono certe ideologie politiche che troppo a lungo hanno prosperato su questo assetto, cavalcando con grande ipocrisia i temi e i valori dell’accoglienza per intestarseli come bandiera propria, non solo politica, ideologica. Purtroppo gli uomini, le donne, i bambini disperati che negli ultimi decenni hanno raggiunto il nostro Paese sono stati ampiamente ignorati e traditi nei loro bisogni, nella loro dignità poiché nessun governo si è impegnato, sia al suo interno che con l’Europa, a provvedere mediante politiche adeguate e ciò al fine di assicurare da una parte la gestione e l’integrazione migliore degli immigrati dall’altra la sicurezza sociale quindi l’indispensabile convivenza civile e democratica al suo interno.
Lo sconcerto più grande è nel constatare le tante forme di degrado, sfruttamento, abbandono a cui gli immigrati sono sottoposti nel nostro Paese; nel constatare come essi siano merce di scambio per ingrossare certi affari malavitosi su tutto il territorio nazionale, compresi alcuni affari malcelatamente regolari di strutture dedicate. Ecco, questo è altrettanto insopportabile quanto rifiutarli. I cittadini italiani del resto sono diventati consapevoli, vedono, osservano e sono stanchi, sì, sono stanchi ma non degli immigrati, bensì di scontare insieme a loro l’approssimazione e l’assenza di politiche di accoglienza serie, efficaci, condivise. Non è cambiato il cuore degli italiani; che rimane grande quanto la storia, la cultura, le radici profondamente cristiane di questo popolo. E’ cambiata la loro serenità, perché la politica non si è occupata per tanti, troppi anni né dell’accoglienza di chi arrivava né dei bisogni dei cittadini, travolti da cambiamenti culturali, sociali ed economici enormi.
Per questo i termini del discorso devono spostarsi necessariamente e ormai inderogabilmente su un altro terreno: quello della non più rinviabile condivisione del problema con il resto dell’Europa. Il tema è talmente arduo e complesso nella sua gestione che è impensabile che possa continuare ad essere gestito in solitudine da un solo stato, l’Italia, ormai stremata. Non è un atteggiamento etico, non è cristiano, non è dignitoso. Si trovi finalmente il coraggio e la volontà di affrontare il problema a livello comunitario per approntare la gestione migliore nell’accoglienza di queste folle di disperati; lo si faccia cominciando a stanare, sia nei Paesi di origine che nelle potenti ramificazioni presenti in quelli di approdo, le organizzazioni criminali che prosperano sulla vita di queste persone riservando loro i più atroci destini, come le torture, la tratta di esseri umani, la schiavizzazione delle donne prostituite, il traffico di organi, il racket di minori, la pedofilia e prostituzione minorile, lo spaccio di stupefacenti, lo sfruttamento sul lavoro con forme di schiavismo e di caporalato. Nessun Paese può ritenersi esente da queste responsabilità. Nessun Paese può affermare che l’imponenza dei numeri del fenomeno e la gravissima violazione dei diritti umani che vi è sottesa non lo riguardi.
Di fronte alla disperazione atroce di esseri umani inermi il cristiano non può disinteressarsi, far finta di niente, voltarsi dall’altra parte. Il cristiano vero vi scorge invece Cristo stesso, come ha più volte ricordato il Santo Padre. E dapprima porge loro il suo volto, perché si ferma a guardarli; poi tende loro le braccia per prendersene cura secondo il cuore del buon Samaritano, che incarna la logica del Vangelo. Accogliere, accompagnare, integrare: questo è il comandamento che promana dalla Croce Gesù che ha stupito il mondo e la storia testimoniando l’amore infinito, la carità senza confini, la misericordia incondizionata che un uomo può avere per i suoi simili. Il problema, peraltro, chiama in causa il mondo intero perché riguarda l’impostazione di una certa politica mondiale che di certo non favorisce, non ha mai favorito, i popoli più poveri. Anzi i Paesi ricchi da sempre hanno prosperato con politiche di sfruttamento dissennato a danno del cosiddetto terzo mondo. Come diceva Paolo VI nella Populorum Progressio c'è una logica perversa che fa sì che i più agiati si arricchiscano sempre di più e i poveri si impoveriscano sempre di più. Esiste un problema mondiale di movimenti di massa, di vere e proprie migrazioni di popoli che, pertanto, non può che essere pensato, gestito e affrontato in termini globali cioè quantomeno su scala continentale.
Credo che l’Europa abbia una formidabile, storica opportunità: quella di rifondare e riscrivere le proprie radici su un terreno valoriale immenso, quello dell’accoglienza reciproca e del prodigarsi insieme per una società più solidale e pacifica, che è anche quello della cristianità evangelica; ritrovare quelle radici cristiane da cui l’Europa, nel suo recente Trattato di Roma, si è voluta stoltamente affrancare, facendo in tal modo gravissimo torto ai valori più imprescindibili del cuore e dell’animo umano che coincidono esattamente con i valori e le certezze del Vangelo di Gesù.