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L’etica della responsabiltà di Bergoglio, Papa delle emergenze

Secondo il sociologo tedesco Max Weber, l’etica della responsabilità si esprime nella vita sociale perché le possibili conseguenze delle proprie azioni devono essere valutate in base al principio dell’agire razionale rispetto allo scopo. L’interprete del biopic “Chiamatemi Francesco-Il Papa della gente” ha raccontato che il futuro Pontefice era descritto in Argentina come un “uomo che si preoccupava sempre di risolvere problemi“. E in effetti le emergenze personali e collettive non sono mancate nella vita di Jorge Mario Bergoglio. Appena ordinato sacerdote una malattia gli ha danneggiato un polmone impedendo il tanto desiderato invio in missione in Giappone, quindi sono arrivati in patria gli anni terribili della dittatura che lo videro opporsi eroicamente ai militari da giovane superiore dei Gesuiti, poi le battaglie sociali a difesa degli indigenti nel suo “episcopato di strada” a Buenos Aires fino a diventare, durante il default nazionale del 2001, portavoce di chi non ha voce da presidente dei vescovi argentini. Quando ormai intravedeva il traguardo della pensione, l’elezione a Pontefice dopo le drammatiche dimissioni del suo predecessore, con il compito colossale di risanare la Chiesa dagli scandali e di condurla fuori dalla palude di Vatileaks. E adesso la pandemia di Covid-19 che lo ha visto invocare in mondovisione l’intervento di Dio in una piazza San Pietro deserta per l’emergenza sanitaria. Un’etica della responsabiltà che ha salde radici e che trae alimento dal cattolicesimo sociale e dalla spiritualità ignaziana.

Jorge Mario Bergoglio non era al Concilio eppure il suo maestro è proprio il papa che ha voluto la novità epocale del Vaticano II. Si possono legare le figure di san Giovanni XXIII e di Francesco in quanto è Giovanni che ha indetto il Concilio. Accostare il “Papa buono” con il “Papa misericordioso” consente di comprendere l’attuazione del programma conciliare nella sua prospettiva autenticamente conciliare. Il Concilio, infatti, è stato messo in pratica più nel Sud America e nelle chiese povere che non qui in Europa. Basti pensare, ad esempio, alla liturgia viva, al senso di comunità, al ruolo dei catechisti e dei laici. Cose che chi è stato in missione può raccontare, e che chi arriva da lì percepisce immediatamente. L’Europa, ai loro occhi, appare come un mondo in cui la fede è morta, il Concilio inattuato. Nella capitale argentina Jorge Mario Bergoglio nasce il 17 dicembre 1936, figlio di emigranti piemontesi: suo padre Mario fa il ragioniere, impiegato nelle ferrovie, mentre sua madre, Regina Sivori, si occupa della casa e dell’ educazione dei cinque figli. Diplomatosi come tecnico chimico, sceglie poi la strada del sacerdozio entrando nel seminario diocesano. L’11 marzo 1958 passa al noviziato della Compagnia di Gesù. Completa gli studi umanistici in Cile e nel 1963, tornato in Argentina, si laurea in filosofia al collegio San Giuseppe a San Miguel. Tra il 1964 e il 1965 è professore di letteratura e psicologia nel collegio dell’Immacolata di Santa Fé e nel 1966 insegna le stesse materie nel collegio del Salvatore a Buenos Aires. Dal 1967 al 1970 studia teologia laureandosi sempre al collegio San Giuseppe. Il 13 dicembre 1969 è ordinato sacerdote dall’arcivescovo Ramón José Castellano. Prosegue, quindi, la preparazione tra il 1970 e il 1971 in Spagna, e il 22 aprile 1973 emette la professione perpetua nei gesuiti.

Di nuovo in Argentina, è maestro di novizi a Villa Barilari a San Miguel, professore alla facoltà di teologia, consultore della provincia della Compagnia di Gesù e rettore del Collegio. Il 31 luglio 1973 viene eletto provinciale dei gesuiti dell’Argentina. Sei anni dopo riprende il lavoro nel campo universitario e, tra il 1980 e il 1986, è di nuovo rettore del collegio di San Giuseppe, oltre che parroco ancora a San Miguel. Nel marzo 1986 va in Germania per ultimare la tesi dottorale; quindi i superiori lo inviano nel collegio del Salvatore a Buenos Aires e poi nella chiesa della Compagnia nella città di Cordoba, come direttore spirituale e confessore. È il cardinale Antonio Quarracino a volerlo come suo stretto collaboratore a Buenos Aires. Così il 20 maggio 1992 Giovanni Paolo II lo nomina vescovo titolare di Auca e ausiliare di Buenos Aires. Il 27 giugno riceve nella cattedrale l’ordinazione episcopale proprio dal cardinale. Come motto sceglie Miserando atque eligendo (Guardò con misericordia e scelse) e nello stemma inserisce il cristogramma IHS, simbolo della Compagnia di Gesù. È subito nominato vicario episcopale della zona Flores e il 21 dicembre 1993 diviene vicario generale. Nessuna sorpresa dunque quando, il 3 giugno 1997, è promosso arcivescovo coadiutore di Buenos Aires. Passati neppure nove mesi, alla morte del cardinale Quarracino gli succede, il 28 febbraio 1998, come arcivescovo, primate di Argentina, ordinario per i fedeli di rito orientale residenti nel Paese, gran cancelliere dell’Università Cattolica. Nel Concistoro del 21 febbraio 2001, Giovanni Paolo II lo crea cardinale. Nella Cappella Sistina dal 12 al 13 marzo 2013, è stato eletto Papa in conclave dopo cinque scrutini.

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