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Le tre strade che conducono alla pace

In vista della pace ci si dovrebbe muovere almeno su tre piani. Andrebbe eliminato, anzitutto, il diritto di guerra degli Stati. Va affermato il diritto alla pace. Ma, come insegna la costituzione pastorale “Gaudium et spes”, la guerra non è purtroppo estirpata dalla condizione umana. Fintantoché esisterà il pericolo della guerra non si potrà negare ai governi il diritto di una legittima difesa. In sostanza, si è presi entro una morsa che non lascia scampo, a meno che non sia debellato definitivamente il male ed attuata ovunque la giustizia.

In secondo luogo, bisognerebbe perseguire, senza indugio, la precondizione di un disarmo nucleare generale. E questo nel quadro di un disarmo integrale. Come si legge, infatti, nella “Pacem in terris,” la riduzione e la eliminazione degli armamenti «sono impossibili o quasi, se nello stesso tempo non si procedesse ad un disarmo integrale; se cioè non si smontano anche gli spiriti, adoprandosi sinceramente a dissolvere, con essi, la psicosi bellica». All’equilibrio degli armamenti si deve sostituire la vera pace alimentata dalla fiducia reciproca.

In terzo luogo, andrebbe perseguito «un grado superiore di ordinamento internazionale» per realizzare il bene comune dell’umanità. Il diritto all’ordine internazionale è un diritto umano riconosciuto dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 (articolo 28). Giova precisare che questo diritto non è riducibile al semplice ordine giuridico. Esso va inscritto in un più ampio ordine morale e sociale, che abbraccia sia le relazioni fra singole persone, sia quelle fra comunità di persone, sino a formare l’ordine della famiglia umana, comprensivo delle comunità politiche. Ma vi sono altri piani su cui muoversi per prevenire le guerre e costruire la pace.

Papa Francesco nel suo Messaggio per la Celebrazione della Giornata Mondiale per la Pace del 1° gennaio 2017 offre svariati orientamenti pratici. L’annuncio e la testimonianza di Gesù Cristo, causa esemplare della non violenza attiva e creativa. La proposta ai leader politici e religiosi, ai responsabili delle istituzioni internazionali, ai dirigenti delle imprese e dei media del «manuale» della strategia della costruzione della pace, ossia le otto Beatitudini (Mt 5, 3-10). L’umanizzazione della politica, la sua risemantizzazione in senso samaritano, a partire da tutto ciò che può insegnare la non violenza attiva e creativa, come il principio architettonico della fraternità (come dimostra anche la successiva enciclica “Fratelli tutti”). In questa linea si è mosso il messaggio di papa Francesco alla «Conferenza dell’ONU finalizzata a negoziare uno strumento giuridicamente vincolante sulla proibizione delle armi nucleari, che conduca alla loro totale eliminazione», la cui prima parte si è svolta a New York dal 27 al 31 marzo 2017. In tale messaggio si rilevano alcune ragioni che fanno capire come la pace non si possa reggere sul perno della deterrenza nucleare.

Se si prendono in considerazione le principali minacce alla pace e alla sicurezza con le loro molteplici dimensioni in questo mondo multipolare del XXI secolo, come, ad esempio, il terrorismo, i conflitti asimmetrici, la sicurezza informatica, le problematiche ambientali, la povertà, non pochi dubbi emergono circa l’inadeguatezza della deterrenza nucleare a rispondere efficacemente a tali sfide. Tali preoccupazioni assumono ancor più consistenza quando consideriamo le catastrofiche conseguenze umanitarie e ambientali che derivano da qualsiasi utilizzo degli ordigni nucleari con devastanti effetti indiscriminati e incontrollabili nel tempo e nello spazio. Simile motivo di preoccupazione emerge di fronte allo spreco di risorse per il nucleare a scopo militare, che potrebbero invece essere utilizzate per priorità più significative, quali la promozione della pace e dello sviluppo umano integrale, così come la lotta alla povertà e l’attuazione dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.

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