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Le sfide che il nuovo anno riserva al Governo Meloni

La fumata bianca registrata in Senato, dove è stato approvato il testo della manovra, non è stato solo un atto formale necessario, ma un segnale politico sul quale costruire il percorso del 2025. Con il sì al documento economico la maggioranza ha dimostrato di essere coesa e compatta e con il ministro dell’economia Paolo Giorgetti soddisfatto. Un dettaglio non da poco. La prassi del monocameralismo di fatto, anima le proteste delle opposizioni, accompagnate dal relatore di maggioranza Guido Quintino Liris di Fratelli d’Italia, “mi auguro che nella prossima legge di bilancio, sia la Camera, sia il Senato, potranno dare il loro contributo”, ha evidenziato Liris a conferma che all’interno della maggioranza del partito di Giorgia Meloni, ci siano sempre e comunque malumori, nonostante la stessa premier, da un lato, loda la manovra, dall’altro rimarca la compattezza delle forze di maggioranza e di tutta la coalizione.

Al netto di ciò le sfide per il 2025, per il “capitano” Georgia Meloni, sarebbero prime fra tutte di natura politica. Quella coesione della maggioranza, oltre che compattezza politica, dovrà avere un fondamento, non appena la macchina politico-amministrativa, riprenderà la marcia sulla scia di una manovra di bilancio da trenta miliardi. La questione albanese, poi, oltre ad essere un argomento riguardante soldi e investimenti di denaro pubblico, riguarda anche la natura giuridica e quella situazione, che rimanda il tutto nella mani dei custodi delle regole: la magistratura. Si dimentica, il fatto squisitamente umano della faccenda, con la salvaguardia della dignità della persona in ogni suo aspetto. Eppure la premier sulla questione albanese, si è espressa chiaramente. Considerando l’apertura dei centri di accoglienza in Albania, un modello da esportare in Europa, sì; proprio quell’Europa formata dall’eterogeneità della cariche politico-amministrative e impegnata ad arginare il fronte populista.

Rimanendo in politica interna, il 2025, sarà l’anno in cui si dovrà premere sull’acceleratore delle riforme, con le modifiche parlamentari, sulla legge sull’autonomia differenziata, indicate dalla corte costituzionale, si deciderà sul premierato, ci sarebbe anche il nodo della nomina dei giudici costituzionali e la tanto decantata riforma della giustizia, con il Ministro Nordio apparso scettico, in merito ad un eventuale programma svuota carceri, ma la situazione all’interno degli istituti penitenziari, rimane incerta, se non allarmante. Il nodo pensioni, resta ancora l’eterno dilemma della sfide di governo, sul tema della previdenza. Le lacune sono tante e la pensione a 67 anni, sarebbe un serio problema, per i contribuenti che dopo una vita di sacrifici, andranno in pensione in un’età che in merito alle aspettative di vita, non è quella che si desidera.

Nella politica internazionale, invece, l’Altantismo con il patrocinio e il garantismo dell’amministrazione statunitense, non sarebbe una sfida, ma quasi. In Europa è più di una sfida. L’Italia dovrà rivedere i riassetti politici sui diversi teatri di guerra internazionali, confrontandosi con l’imminente ingresso alla Casa Bianca di Donald Trump, e questo, per quanto riguarda i rapporti con l’alleato d’oltreoceano. Sul fronte dell’Europa Unita, la nomina di Raffaele Fitto, politicamente parlando, sarebbe un caso isolato, vista l’eterogeneità delle forze politiche di maggioranza a Bruxelles. Ursula Von Der Leyen avrà il difficile compito di tenere compatta quella maggioranza che ha votato i commissari a Burxelles, tenendo presento che Fratelli d’Italia in Europa, non sostiene la Von der Leyen e potrebbe votare le singole proposte in commissione, con il risultato finale di una commissione europea più debole e con l’ago della bilancia che si sposta verso le forze politiche di centro destra. Infine nel 2025 si voterà in Campania, nelle Marche, in Puglia, in Toscana, probabilmente in Valle d’Aosta (è una regione a statuto speciale, può decidere in autonomia) ed anche in Veneto dove Fdi pensa ad un proprio candidato. A meno che il governo non decida – e per ora non sembra questo l’orientamento prevalente – di fare in modo di posticipare le elezioni all’anno successivo.

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