Simul stabunt vel simul cadent” e cioè “insieme staranno oppure insieme cadranno”. Questa saggezza secolare si adatta perfettamente a certe istituzioni. Assordanti silenzi e beceri strepiti circondano in questi giorni un tema fondante per la società come è la famiglia. In coincidenza con l’inequivocabile difesa dei valori familiari ribadita con forza dal Pontefice, nella storica visita a Loreto, i giornali italiani fotografano la spaccatura nell’opinione pubblica sulle contrastanti mobilitazioni attorno al Congresso mondiale delle famiglie a Verona. Sullo sfondo anche il mondo cattolico, laici ed ecclesiastici, richiama alla memoria l’eterna storia di Caino contro Abele.
Il quadro dipinto dai mass media è volutamente manicheo mettendo sotto silenzio la posizione mediana e ragionevole tra i due opposti estremismi. Da un lato chi considera la famiglia una bandiera da issare bellicosamente o una battaglia di retrovia da combattere contro qualcuno. Dall’altro chi degrada la famiglia a fortezza da espugnare o tabù da abbattere. In realtà sono due debolezze che si contendono una forza che non hanno. Anche nel mondo cattolico italiano tanti hanno frettolosamente dimenticato la stagione ruiniana della “unità nella diversità”, e cioè la capacità di percorrere strade differenti per poi ricongiungersi sugli obiettivi comuni. Oggi sperimentiamo l’esatto contrario e, come sempre accade quando il dibattito pubblico degenera, ad avere “ragione” è chi la sparerà più grossa. Capita persino che negli spettacoli televisivi di prima serata ci si improvvisi piazzisti di non meglio identificate emancipazioni dal familismo. Come se la famiglia fosse un fastidio da rimuovere invece di una risorsa da valorizzare. E’ l’ennesimo effetto nefasto della dittatura del relativismo culturale denunciato da Benedetto XVI e del relativismo pratico stigmatizzato da Francesco.
Accade perciò che dilaghi la malafede di chi vuole veder riconosciuta come famiglia ciò che, pur se una forma di legittima convivenza, è irriducibilmente altro rispetto alla famiglia. Eppure nessuno dovrebbe gettare discredito sull’interlocutore e marchiare con lettere scarlatte realtà affettive diverse, che non vanno né discriminate né emarginate. Al tempo stesso occorre però non cadere nella trappola delle polarizzazioni sfrenate e tutt’altro che dialogiche. E’ la tentazione diabolica dei sepolcri imbiancati. Si potrebbero citare intere biblioteche di saggi sociologici e di trattati teologici per argomentare quanto le strumentalizzazioni e le demonizzazioni siano parimenti da condannare.
La scarsa qualità del confronto pubblico sull’evento di Verona costituisce innanzitutto un’occasione persa sia per chi accampa un inesistente copyright sulla tutela della famiglia ( e poi resta criticamente alla finestra ) sia per chi indossa un’improbabile uniforme da inquisitore per condannare qualunque dialogo con la modernità. Convincersi di vivere ancora nella società organica degli anni ’50 è altrettanto fuorviante che inseguire modelli falsamente progressisti di demolizione del nucleo fondato sulla genitorialità. Invece se c’è un tema che dovrebbe unire e non dividere è proprio la famiglia. Un tema da approfondire in modo serio e costruttivo nelle sedi decisionali e non nei talk show pre-elettorali. La famiglia è chiunque sappia rispondere alla chiamata alla responsabilità perché siamo tutti figli e non si può mettere l’uno contro l’altro…anzi coloro che lo fanno non danno mai prova di buona fede.
Non esistono tipologie diverse di famiglie e chi sostiene il contrario diffonde menzogne. Le persone omosessuali sono individui comuni, anch’essi bisognosi di riconoscersi in una madre e in un padre. Nessuno è nato sotto un cavolo, l’appartenenza riguarda tutti. Nessuno dovrebbe appropriarsi del totem della famiglia e a nessuno è consentito accanirsi pregiudizialmente contro chi la ama e chi la vuole difendere. La famiglia include, non esclude. E di fatto a compiere questa deprecabile opera di divisione sono quegli stessi adulti che la famiglia la stanno distruggendo e che pertanto non possono automaticamente pretendere di risultare pienamente credibili. In questa temperie culturale c’è anche chi si riempie la bocca della parola famiglia e poi assolve la mercificazione di quella sessualità che Papa Francesco ha definito un dono di Dio. E’ la doppia morale dei finti perbenisti, aggravata dal dilagare su Intenet dei siti hard a portata di facili click persino per l’infanzia.
Anche lì si nasconde la falsa coscienza dei malati di doppiezza. Oggi c’è l’infelice prurito di gettare pietre nel tentativo di saziare la propria aggressività. Umiliare, addirittura minacciare chi si prodiga a promuovere processi valoriali è purtroppo diventato meritorio. Ancora una volta siamo regrediti alla lotta fratricida tra Caino e Abele. La prigionia dell’istinto che prevale sui vincoli più sacri. Intanto è tutta la famiglia, a partire dai figli, a diventare orfana. a venir meno sono l’amore vero, la verità, il sostegno sincero. La sfida educativa che i ragazzi pretendono da noi adulti è ben altra cosa: quella di insegnare loro ad essere autenticamente famiglia invece di idolatrare simulacri scaturiti da fallimenti esistenziali.