Oggi, 22 marzo, si celebra la Giornata mondiale dell’acqua, istituita dalle Nazioni Unite nel 1992. “La conservazione dei ghiacciai” è il tema di quest’anno, e si tratta di un tema che meriterebbe uno studio attento, perché i ghiacciai sono i custodi dell’acqua per noi vitale, e il riscaldamento climatico li sta erodendo…
Ma qui posso solo fermarmi sul valore evangelico dell’acqua, che si radica peraltro sul diritto all’acqua, e mi piace al riguardo richiamarmi ancora una volta a Papa Francesco, al cui magistero – per alcuni aspetti, ancor più radicale nel tempo della Sua malattia- riandiamo ogni giorno. Così il Papa, giusto 10 anni fa, nella Laudato si’: “avanza la tendenza a privatizzare questa risorsa scarsa, trasformata in merce soggetta alle leggi del mercato. In realtà, l’accesso all’acqua potabile e sicura è un diritto umano essenziale, fondamentale e universale, perché determina la sopravvivenza delle persone, e per questo è condizione per l’esercizio degli altri diritti umani. Questo mondo ha un grave debito sociale versi i poveri che non hanno accesso all’acqua potabile, perché ciò significa negare ad essi il diritto alla vita radicato nella loro inalienabile dignità” (n. 30; il corsivo è del Papa).
La citazione è lunga, ma si giustifica, perché tutto si tiene: è l’ecologia integrale di Papa Francesco, e “l’acqua è insegnata dalla sete”. Il verso di Emily Dickinson, del resto, mi risuona in continuazione, da quando mi è stato chiesto di scrivere questo breve articolo. Davvero l’acqua è insegnata dalla sete e il vangelo di Giovanni documenta la sete di Gesù, dall’inizio alla fine: dal pozzo di Sicar -quando, “affaticato per il viaggio” (4,6), chiede da bere alla donna samaritana-, all’ora della croce, quando “affinchè si compisse la Scrittura, disse: Ho sete” (19,28). La sete, allora, rivela il mistero di Gesù: l’Assetato diventa Sorgente, perché la promessa (”chi berrà dell’acqua che io gli darò non avrà più sete in eterno”, 4,14) si compie sulla croce, quando “uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua” (19,34).
Ma allora, nella luce di Pasqua, lo Spirito è insegnato dall’acqua. Perché “misteriosa è l’acqua. Tutta pura e modesta, “casta” l’ha chiamata S. Francesco… Ignara di sé, esistente solo per servire ad altri, per mondare e ristorare… E nello stesso tempo profonda, insondabile, irrequieta… Immagine della vita stessa che sembra così chiara ed è così misteriosa” (Guardini). E proprio perché è così, misteriosa e profonda, la Chiesa – in obbedienza al magistero di Gesù! – fa dell’acqua “il simbolo e il veicolo della vita divina”.
Anche per questo l’acqua insegna sobrietà. Va custodita, proprio come fanno i ghiacciai (finché non riusciremo a distruggerli!): va riutilizzata, quando possibile. E non va sprecata, anche perché – come mi diceva un’amica che ha vissuto a lungo in Paesi molto poveri – “ne bastano cinque litri per lavarsi bene”.
E per praticare l’opera di misericordia ne basta un bicchiere, purché sia fresca: “ho avuto sete e mi avete dato da bere” (Mt 25,35); e “chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno solo di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa” (Mt 10,42). E’ una lezione importante, perché siamo un po’ tutti affaccendati come Marta (cfr. Lc 10,38-42) in mille cose spesso un po’ inutili, e l’acqua insegna l’essenziale, senza il quale non si vive: non sempre le cose che riteniamo necessarie e urgenti sono davvero essenziali, e l’acqua, silenziosamente, ce lo ricorda…
L’acqua, la sete, lo Spirito, i poveri… Mi piace, allora, concludere con alcune parole in forma di preghiera del card. Tolentino: “Insegnami, Signore, a pregare la mia sete… Che questa sete si faccia mappa e viaggio, parola accesa e gesto che prepara la tavola su cui dividere il dono. E quando darò da bere ai tuoi figli sia non perché possederò l’acqua, ma perché come loro io so cos’è la sete”.