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Il Giubileo degli ultimi: il Papa contro la cultura dello scarto

Papa

A sinistra: la mascotte del giubileo, Luce. Foto Sara Minelli A destra: Foto di Maik da Pixabay

Papa Francesco ha rivolto numerosi appelli affinché gli istituti penitenziari siano luoghi di rieducazione e di reinserimento sociale. E le condizioni di vita dei detenuti siano degne di persone umane. “Vi invito a pregare perché in tutto il mondo le carceri siano per reinserire e non siano sovraffollate, siano posti di reinserimento”, ha detto il Pontefice ricordando che la Madonna è la Madre dei detenuti. Padre Hernanni Pereira da Silva è venuto appositamente dal Brasile per condividere con il Papa le storie e le speranze messe nero su bianco dai giovanissimi detenuti. Racconta il cappellano della casa circondariale: “Ho voluto portare a Francesco le lettere che quindici ragazzi, detenuti nel carcere di São Luís Maranhão, nella regione Nordeste del Brasile gli hanno scritto in occasione del Natale. Le hanno simbolicamente  poste sulla mangiatoia del presepe del penitenziario”.  Il sacerdote guida la parrocchia di San Massimiliano Kolbe a São Luís Maranhão. Ed è impegnato in prima linea nell’attività missionaria e nella “assistenza totale” a questi ragazzi. Con i quali “ogni venerdì preghiamo e leggiamo la catechesi settimanale del Papa”. Tra le lettere consegnate a Francesco due sono state scritte dalle mamme. In particolare da una donna che ha visto morire il figlio per droga.

Foto di Ye Jinghan su Unsplash

“Il 2024 delle carceri ci sta lasciando drammatici record. Quello dei suicidi. Quello delle morti in carcere. E una crescita della popolazione detenuta così sostenuta da provocare, già oggi, una situazione di reali trattamenti inumani e degradanti generalizzati. Condizione che abbiamo raccolto in un report che abbiamo presentato pochi giorni prima dell’appuntamento giubilare che ha visto papa Francesco varcare le soglie del carcere di Rebibbia per l’apertura di una delle Porte Sante”. A dirlo è Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, in occasione della pubblicazione di un report con i dati principali che l’associazione ha raccolto durante l’anno. “Il 26 dicembre – prosegue Gonnella -. Papa Francesco è stato in carcere e ci auguriamo che questa iniziativa del Pontefice possa riaccendere l’attenzione e la speranza nelle carceri italiane. Speranza che il governo faccia marcia indietro nei propositi più repressivi e duri. Speranza che si investa in percorsi di reinserimento sociale senza trasformare il carcere in luoghi di vendetta. Speranza che le condizioni drammatiche di detenzione siano superate da politiche attente, che guardino alla dignità della persona e ad una pena che poggi pienamente sul dettato costituzionale. Papa Francesco ha scritto nel 2014 sulle carceri parole importanti. Su quelle parole andrebbe costruito un programma di governo. Non sulla criminalizzazione dei più vulnerabili”.

archivio Image / Cronaca

Francesco è il primo papa della storia ad aver aperto la porta santa in carcere. Il pontificato di Jorge Mario Bergoglio si oppone a una “cultura dello scarto” che “non ha confini”. Mentre “vi è chi presume di poter stabilire, in base a criteri utilitaristici e funzionali, quando una vita ha valore ed è degna di essere vissuta”. Fin dall’elezione al soglio di Pietro questo background culturale si riflette nel pontificato di Francesco attraverso gesti e parole semplici quanto rivoluzionari. Dismissione di abiti pontifici senza una riforma scritta. Pronunciamenti a braccio. Uso dell’italiano e del castigliano al posto del latino e delle altre lingue moderne. Uscite –imbarazzanti per gli addetti alla sicurezza– fra la folla osannante. Decisione di lasciare l’appartamento pontificio per la casa Santa Marta, dove il Papa può pranzare con altri sacerdoti lì residenti, mettendosi in fila al self service e prendendo posto a tavola dove più gli piace. Primo viaggio a Lampedusa, là dove si consumano stragi silenziate. Visite apostoliche a periferie esistenziali e geografiche. Concerti disertati con illustri ospiti e pranzi desiderati con i poveri. Messa in Coena Domini non in cattedrale ma in carcere o in altro luogo di sofferenza. E l’elenco potrebbe continuare ancora a lungo.

credito: CARLO LANNUTTI

Oltre allo stile di vita, l’opzione del Papa per i poveri si esprime in gesti altamente significativi. Come, ad esempio, la lavanda dei piedi dei dodici ragazzi detenuti nel carcere minorile di Casal del Marmo, tra i quali due ragazze, una di esse musulmana, o dei dodici disabili e anziani presso il Centro Santa Maria della Provvidenza. O ancora dei dodici detenuti nella Casa circondariale del Nuovo complesso Rebibbia. A questi si potrebbero aggiungere tanti altri gesti, come le visite alla favela di Manguinho di Rio de Janeiro in occasione della Gmg. Alla baraccopoli di Kangemi nella periferia di Nairobi. Le visite – spesso non previamente annunziate – ai centri di anziani o bambini ammalati o alle parrocchie periferiche della sua diocesi. L’abbraccio affettuoso e tenero ai bambini, agli anziani e ai disabili. L’allestimento di docce e barbieria per i senzatetto in Vaticano e l’invito fatto loro a partecipare al concerto offerto nella Sala Paolo VI. E innumerevoli altri.

 

Giacomo Galeazzi: