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La nuova era Trump e la Ue

Se è vero che gli Stati Uniti sono nati come un’espansione europea e hanno a lungo goduto delle istituzioni e della scienza elaborate in Europa, è anche vero che nella Seconda guerra mondiale l’Europa ha sconfitto il nazismo per merito della grande capacità produttiva degli Stati Uniti. Quello che è successo dopo ha generato sviluppi che stanno arrivando oggi ad una grave crisi.

Gli Stati Uniti durante e dopo la guerra si assunsero la responsabilità di riorganizzare le relazioni internazionali sulla base di organizzazioni politiche, militari ed economiche (Onu, Nato, Fmi, Omc e tante altre), dove mantennero sì un’egemonia, ma che permisero la decolonizzazione, la ricostruzione di Europa, Giappone e Corea del Sud, la caduta dell’Unione Sovietica, il decollo della Cina e dell’India, pagandone la gran parte dei costi. Da un po’ di tempo larga parte dell’opinione pubblica statunitense era scontenta di questa situazione, che ha fatto da base all’ascesa del “Big Tech” delle piattaforme lasciate correre senza freni e di un politico discusso come Trump, in base allo slogan MAGA (Make America Great Again). Gli Stati Uniti hanno paura del declino e si sono ripromessi di contrastarlo pressando sulla loro capacità tecnologica, uscendo dagli accordi internazionali per avere mano libera nelle decisioni che ritengono per loro strategiche, e negoziando bilateralmente con i soggetti internazionali forti con cui devono confrontarsi, lasciando il resto del mondo, la Ue compresa, al suo destino.

Quali saranno i principali punti di contrasto tra Trump e la Ue? Il primo è il finanziamento della Nato, a cui finora i paesi europei hanno ben poco contribuito, ma di cui hanno goduto i vantaggi. E’ davvero desolante pensare che in un periodo così travagliato come quello attuale occorra aumentare le spese europee per la difesa, ma la posizione americana è su questo inflessibile: non si arriverà al 5% del PIL, come chiede Trump, ma di sicuro l’UE non si potrà sottrarre ad un aumento consistente. Il tanto sbandierato aumento dei dazi ci sarà, ma non lo ritengo di particolare importanza, si potrà negoziare, perché gli Stati Uniti si sono fortemente de-industrializzati e hanno bisogno di tempo per recuperare. Invece, se la Ue vorrà mantenere la sua presenza in organizzazioni internazionali da dove Trump esce (fra cui l’Organizzazione mondiale della sanità, gli Accordi di Parigi sul clima, la Tassazione delle piattaforme etc.) dovrà spendere di più e negoziare accordi con altri paesi per mantenere le organizzazioni internazionali funzionanti.

Ma altri due sono i grandi problemi aperti dalle prese di posizione di Trump: il cambiamento ambientale e l’autonomia tecnologica di base. L’Ue ha spinto sull’acceleratore per le politiche ambientali, senza tener abbastanza conto dei costi e dei tempi di adattamento. Occorrerà ripensare la strategia ambientale della Ue, mentre Trump mostra di voler archiviare la diversificazione energetica, a dispetto dei tanti eventi estremi che colpiscono anche l’America. Sul lato della tecnologia, la Ue non potrà certo diventare competitiva come gli Usa, con tutti i miliardi promessi per l’High Tech, o come la Cina, che prosegue nella sua rincorsa, ma con investimenti unitari e mirati potrebbe assicurarsi una buona esistenza, ma anche in questo caso aumentando l’impegno finanziario.

E’ evidente che una svolta così drastica nella politica estera americana creerà ulteriore instabilità e grandi necessità di investimenti congiunti, una sfida che la Ue può affrontare solo unita. Saranno i nostri leader capaci di affrontarla?

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