Lo scrittore italo-argentino Antonio Porchia diceva che “l’uomo vorrebbe essere un Dio, senza la croce”. Deve essere proprio così se, a governo e anno scolastico appena iniziati, il ministro dell’Istruzione, Lorenzo Fioramonti ha subito individuato un’urgenza: rimuovere il crocefisso dalle aule perché la scuola è laica e sostituirlo, in quanto simbolo divisivo, con una cartina geografica.
Non che le urgenze, quelle vere, manchino. Un edificio scolastico su cinque ha lesioni strutturali e nella metà dei casi gli interventi necessari non vengono effettuati. In molti istituti, poi, mancano gli insegnanti, anche quelli di sostegno, e gli organici incompleti impediscono di avviare regolarmente le lezioni. In ballo c’è quella che è stata definita da Benedetto XVI la cristianofobia dell’Occidente secolarizzato, incapace di vedere nel crocefisso la sorgente dello spirito di solidarietà, perdono, riconciliazione e collaborazione che esattamente 30 anni fa, con il crollo del Muro, inaugurò una nuova era, una nuova sintesi, una rinnovata speranza dopo i decenni oscuri della guerra fredda.
La libertà trova il suo significato più profondo proprio nell’essere una patria spirituale. E invece il laicismo smemorato e aggressivo che ha cancellato dal preambolo della Costituzione europea le radici-giudaico cristiane nega al crocefisso un significato unificante e condiviso. Eppure per due millenni quell’abbraccio ha unito, rappacificato e rimesso in piedi popoli ed epoche.
L’uscita estemporanea del nuovo ministro non tiene conto né della storia né del diritto. Il Consiglio di Stato, infatti, ha sancito la piena compatibilità tra il principio di laicità e la presenza del crocifisso in aula e la Corte europea dei diritti umani ha stabilito che il crocefisso è “segno universale dell’accettazione e del rispetto per ogni essere umano in quanto tale”. Il problema è guardare senza vedere.