Il 2020 della pandemia sta per concludersi con il suo carico di tragedie e disorientamento generalizzato. Sempre più nitida si staglia la figura di papa Francesco quale punto di riferimento morale per tutti gli uomini e le donne di buona volontà. Mai l’umanità nella sua interezza è stata così duramente messa con le spalle al muro. Nel buio dell’ emergenza sanitaria e sociale emerge nitidamente un tratto distintivo. E’ il più profondo nella dimensione della fede cristiana. Ed è costitutivo della “Chiesa in uscita” proposta da Francesco. L’aggiornamento della “Chiesa in ascolto della storia” del Concilio Vaticano II. Ancor più in pandemia si è distinta la capacità di Francesco nel comunicare (in modo semplice ma non banale) il messaggio di salvezza di Cristo al mondo. La nuova evangelizzazione è in grado di confrontarsi con tutti i mezzi messi a disposizione della modernità. Internet, i social, l’età digitale sono luoghi di evangelizzazione e di spiritualità. Non può o deve esserci conflitto tra questi mondi. Sono realtà o ambiti da evangelizzare. Sul web la presenza e la mediazione dei cattolici è necessaria e fondamentale per fare crescere il mondo in umanità. La Chiesa di “comunione” emerge dalle parole e dallo stile di Jorge Mario Bergoglio. Molto si è scritto sull’origine latinoamericana del primo Papa gesuita. Il suo è un pontificato che davvero viene “dalla fine del mondo“. E vive di equilibri “geopolitici” peculiari. La sua stessa visione è legata alla lunga e intensa esperienza di pastore a Buenos Aires. E alle dinamiche ricche e complesse vissute dall’episcopato latinoamericano riunito ad Aparecida nel 2007. Tuttavia sarebbe un errore interpretare il pontificato di Bergoglio secondo una estrema semplificazione. E cioè il passaggio dalle complesse e gigantesche impalcature problematiche intellettuali romane ed europee agli atteggiamenti pastorali di “carità” e “misericordia” vissuti in America Latina.In Jorge Mario Bergoglio la semplicità non è mai ingenuità. Secondo una celebre definizione, Francesco è un “Papa Apple”. Come i computer della Mela, a fronte di un’estrema complessità interna di funzionamento, ha un’interfaccia semplicissima. Il senso di terremoto, di scuotimento, persino di “confusione”, che qualcuno sembra avvertire, è il frutto di quest’azione culturale, spirituale e simbolica. Si tratta del disincagliamento della “barca di Pietro” nel mare del mondo. In un’intervista, Francesco ha detto di sé: “Sì, posso forse dire che sono un po’ furbo, so muovermi, ma è vero che sono anche un po’ ingenuo. Sì, ma la sintesi migliore, quella che mi viene più da dentro e che sento più vera, è proprio questa: sono un peccatore al quale il Signore ha guardato”. E per lui ecco che cosa vuol dire essere gesuita: “Riconoscersi peccatore, ma chiamato da Dio a essere compagno di Gesù Cristo, come lo fu Ignazio”.Francesco, con parole e gesti, pone in atto un processo spirituale e culturale che rianima l’intera società da una profonda crisi. Libera energie sopite vivendo in semplicità di stile e contenuto. Nel segno dell’ecumenismo ha subito voluto incontrare gli esponenti della galassia carismatica, cattolici e protestanti. Come quando, il primo giugno del 2014, si recò allo stadio Olimpico di Roma per incontrare i partecipanti a un evento. Organizzato dal Rinnovamento nello Spirito Santo. Insieme alla International Charismatic Catholic Renewal Services (Iccrs) e alla Catholic Fraternity of Charismatic Covenant Communities and Fellowship (Cfccf), inchinandosi per farsi benedire. Gesto che poi ha rievocato chinando il capo, questa volta in Vaticano. Di fronte a un gruppo di un centinaio di pastori evangelici di orientamento pentecostale di diverse parti del mondo guidato da Giovanni Traettino. Simbolo di unione tra i cristiani come la visita nel Tempio Valdese di Torino, un momento storico, a conclusione della visita pastorale di Francesco nella città della Sindone nel giugno del 2015. Il Pontefice ritiene che la Chiesa, per essere “dei poveri”, dev’essere “povera” essa stessa. Lui ne parla spesso, ne dà l’esempio con lo stile della sua vita. E fa vedere quanto vuole che le strutture della Chiesa, proprio a cominciare da quelle del Vaticano, facciano capire come la semplicità e la trasparenza delle operazioni debbano manifestare che la finanza non è dominante. Ma è solo uno strumento per i rapporti di carità e di fraternità. Il Pontefice sente che solo uno stile di povertà e di solidarietà consente alla Chiesa di essere la Chiesa di Cristo e del Vangelo. L’altra finalità che emerge dalle parole e dallo stile di Jorge Mario Bergoglio è quella di una Chiesa di “comunione”. La misericordia di Dio verso l’uomo è il segno più grande dell’amore per ogni sua creatura.
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