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La Chiesa che resiste, prega e divide il pane

Per noi non chiediamo niente, nessun privilegio, nessun favore, nessuna deroga. La nostra missione ĆØ quella di rimanere accanto alla gente, sempre, in particolare in questo tempo buio. Siamo onesti, nessuno era preparato ad affrontate questa sciagura. Ragionare con il senno del poi ĆØ sempre facile, e lo ĆØ anche in questo caso. Non mi va oggi di puntare il dito contro quegli scienziati della prima ora che, in coscienza, erano convinti che quella che si sarebbe rivelata essere una terribile pandemia, fosse da considerare alla stregua di una semplice influenza. Non mi va di essere severo nel giudicare il nostro Presidente del Consiglio per le dolorosissime decisioni prese.

Ma, soprattutto, con tutta la Chiesa italiana, ho apprezzato e condiviso la posizione della Conferenza Episcopale italiana e del cardinale Gualtiero Bassetti nellā€™andare incontro al governo, al bene degli italiani, alla volontĆ  di Dio. Con il nostro popolo stiamo soffrendo, sperando, pregando. Stiamo condividendo il poco pane che avevamo in dispensa. In queste settimane ci siamo inventati mille modi per non lasciarlo solo, per rimanergli accanto. Ci siamo improvvisati preti on line. Le catechesi, le preghiere, le Messe celebrate nelle nostre chiese vuote sono seguite ogni giorno da migliaia di fedeli. ā€œLā€™uomo non vive di solo paneā€, ha bisogno di essere ascoltato, compreso, sostenuto, anche psicologicamente e spiritualmente.

Tanta gente inizia a dare segni di cedimento, a questa forzata clausura non era preparata. Le telefonate e i messaggi che continuano ad arrivarci sui vari social non si contano. Abbiamo dato, e continuiamo a dare, sovente, anche quel che non abbiamo: la certezza che tutto andrĆ  bene per tutti. Le nostre chiese diocesane, la rete di parrocchie che illumina lā€™Italia, le case religiose, i centri Caritas, dallā€™inizio di marzo, hanno continuato a lavorare come e piĆ¹ di prima. Abbiamo accolto con sofferta serenitĆ  la decisione del governo, condivisa dalla Cei, di celebrare la Pasqua a porte chiuse. Soli, con il cero pasquale in mano e le lacrime agli occhi, abbiamo cantato lā€™ alleluja e pregato per coloro che si stavano spegnendo in una atroce solitudine.

Abbiamo cercato nei Vangeli, nella preghiera, nel Papa, nel popolo, la forza per rimanere, fermi, al nostro posto di combattimento. Una situazione di emergenza richiede uno sforzo straordinario. Questa pandemia ci ha spaventati, la salute dei nostri cari e quella nostra ĆØ stata ed ĆØ tuttora minacciata, occorre tutelarla a ogni costo. Ancora in preda della prima ondata non possiamo permetterci un pericoloso, secondo picco di contagi. Non siamo ancora fuori pericolo, ne siamo tutti coscienti, tutti stiamo facendo la nostra parte. La Chiesa italiana, sempre in prima linea, ĆØ preoccupata non solo per la salute fisica dei cittadini, ma anche per la loro tenuta psicologica e la fede dei cristiani. Sono rimasto molto dispiaciuto che nellā€™ultimo decreto del Presidente del Consiglio, la Messa ĆØ stata derubricata come semplice ā€œcerimonia religiosaā€. Non lo ĆØ. Non lo ĆØ mai stata. La Messa ĆØ il centro, il cuore, il fulcro della vita di un cristiano cattolico e della Chiesa. Dalla Messa i credenti attingono forza e speranza. Avrebbe meritato di per sĆ© unā€™ attenzione particolare. La delusione ĆØ stata grande, domenica sera, anche perchĆ© nei giorni precedenti tutto lasciava intravedere unā€™apertura che invece non cā€™ĆØ stata. Si puĆ² permettere ai credenti di recarsi a Messa? Il governo ha detto no, i vescovi italiani hanno espresso, con amarezza; il loro disaccordo al decreto.

Da parroco, mi rendo conto che non ĆØ facile, ma, in questa situazione, niente ĆØ facile, si tratta di vedere se ĆØ possibile. ƈ evidente che ci sarebbe stato bisogno di piĆ¹ dialogo, piĆ¹ ascolto da parte del governo, piĆ¹ attenzione alle reali esigenze del nostro popolo. Insieme si potrebbe arrivare a una qualche soluzione condivisa. Potremmo, per esempio, noi preti, celebrare, nei giorni feriali, due Messe, di mattina e di sera, con un pubblico certamente non numeroso. Potremmo aumentare il numero delle Messe domenicali cercando in questo modo di diluire il numero dei fedeli. Il problema della sicurezza rimane oggi come per i mesi prossimi. Per questo motivo ĆØ bene dare ai fedeli, con le dovute precauzioni, la possibilitĆ  di attingere dai Sacramenti della fede la forza per continuare a ā€œresistereā€. Se la gente dovesse perdere la speranza sarebbe un danno incalcolabile. I parroci, che sono stati tra i primi a incitare il popolo a seguire le regole, continueranno a fare piĆ¹ del loro dovere per fare in modo che vengano rispettate, in chiesa e fuori dalla chiesa.

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