Recentemente, la Commissione europea ha sollevato preoccupazioni riguardo all’eccesso di deficit italiano. Alcuni si pongono come vittime, ma un richiamo severo era prevedibile. Il nostro disavanzo si attesta al 4,4%, ben oltre il limite del 3%. Pertanto, coloro che hanno il compito di monitorare i conti per la salute economica degli Stati membri dell’UE, ci ricordano che le penalità sono pronte se non si interviene rapidamente.
Non si tratta di un accanimento contro di noi da parte delle istituzioni europee. È un controllo oggettivo e responsabile della gestione dei conti che, se gestiti con leggerezza, possono pregiudicare a lungo termine il benessere dei cittadini europei, inclusi gli italiani. D’altronde, non siamo gli unici nella lista nera, anche se il nostro deficit è il più alto di tutti. Anche francesi, polacchi, maltesi, belgi, ungheresi e slovacchi sono sotto sorveglianza.
Va sottolineato che non ci sono più attenuanti, in quanto durante la pandemia è stato concesso di superare il deficit oltre la regola, ma fortunatamente il Covid e i costi eccezionali che ha comportato sono alle nostre spalle. Tuttavia, sembra che l’ordine dei conti non sia una priorità per la nostra classe dirigente.
La politica dei bonus viene praticata da tempo per lenire i dolori e le ferite di ciascuno, ma a noi sembra più un rimedio placebo, quando non un peso economico fuori dal comune come il super bonus. Pertanto, il Governo e il Parlamento devono immediatamente concordare una strategia di rientro credibile.
Una collaborazione dedicata all’interesse supremo di tutti i cittadini che vedrà maggioranza e opposizione confrontarsi responsabilmente. Come in una famiglia sana, si dovranno considerare attentamente le entrate e come incrementarle, quelle per il mantenimento del bilancio familiare tagliando gli sprechi, e con la graduatoria degli obblighi più indispensabili.
Le promesse si rimandano a tempi migliori, per destinare risorse necessarie al piano di ammortamento del debito. Le entrate si incrementano con riforme che danno ossigeno alle attività economiche con concorrenza e produttività del sistema economico, e togliendolo alle rendite, corporazioni, clientele.
Gli sprechi e le spese di minore importanza possono essere riassorbiti eliminandoli nei bilanci statali, regionali, comunali, e nella pletora di enti che fanno da contorno, ma bloccando anche progetti di cambiamento istituzionali come quelli dell’autonomia differenziata, a meno che non si dimostri che porterebbero un risparmio significativo della spesa pubblica.
Chissà se in Italia le cose possono davvero cambiare. Maggioranze e opposizioni che si contendono il governo della cosa pubblica, non promettendo tutto a tutti, ma promettendo quello che possono fare, sempre con l’occhio attento alle entrate, alle spese compresi i debiti, alla crescita delle fonti di guadagno per far fronte ai desiderata e non ricorrendo a tasse palesi o occulte.
In un contesto di questo tipo si avranno vere leadership e governi duraturi, quindi stabilità; si può essere sicuri. Volenti o nolenti, questo è lo scenario che ci aspetta con 2.000 miliardi di debito, con 100 miliardi di interessi annuali da pagare e con famiglie che non sanno più a che santo votarsi.