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Un’involuzione che sconcerta: il monito anti-corruzione di papa Francesco

Su etica e politica purtroppo il passare del tempo non sembra aver prodotto una evoluzione positiva, perché in Italia, in Europa e in varie parti del mondo, come ha ricordato Papa Francesco in Africa, c’è una drammatica involuzione sul fronte della corruzione nella politica e nell’economia e una crisi della moralità pubblica. Di fronte a questa situazione c’è il rischio di cedere al pessimismo di chiudere gli occhi e di rifugiarsi nel privato senza rendersi conto che l’immoralità e la corruzione nell’economia e nella politica condizionano la vita quotidiana di tutti. Don Luigi Sturzo, scrisse il seguente ammonimento nel suo ultimo articolo, intitolato – guarda caso – “Economia e moralità”: “La colpa più grave degli individui e dei nuclei umani sarebbe quella di non avere fiducia di poter superare il male con il bene; il che sarebbe l’indice della mancanza di fiducia nella libertà, dono di Dio, e della mancanza di fiducia in Dio stesso, donatore di ogni bene”.

Un’altra soluzione  che ci viene indicata dal pensiero e dall’impegno pastorale, sociale e politico di don Luigi Sturzo è quella non di un facile ottimismo “sulle sorti magnifiche e progressive” dello sviluppo economico nell’epoca della globalizzazione, ma del realismo di coloro che si sentono liberi e forti che sono coscienti che trattasi di un cammino lungo e faticoso” che comporta un impegno quotidiano a riformare la politica e l’economia a partire dalla centralità della persona e del bene comune, attraverso gruppi di pressione dal basso che vogliono condizionare l’economia valorizzando per esempio il commercio equo e solidale, non comprando nei negozi che pagano il pizzo  alla mafia, non investendo in banche che speculano sul commercio delle armi, attraverso il voto con il portafoglio che dimostra quanto sia importante una semplice azione che il consumatore svolge quotidianamente come suggerisce l’economista prof. Leonardo Becchetti, docente di economia politica presso la Facoltà di Economia dell’Università di Roma “Tor Vergata”. In una dinamica di mercato, basata sul rapporto tra domanda e offerta, i consumatori e i risparmiatori con le loro scelte di acquisto e di investimento rispondono alle molteplici proposte di prodotti e di servizi avanzate dalle aziende. In questo contesto, nessuna azienda può permettersi di ignorare i propri clienti, i quali possiedono quindi un potere di condizionamento molto forte: con le loro “azioni economiche” sono in grado di modificare concretamente la consistenza e la direzione della domanda. E, spostando i consumi in termini di volume e qualità, possono modellare l’offerta e il mercato.

Don Luigi Sturzo era convinto che senza i valori religiosi e morali la politica e l’economia non raggiungono lo scopo a cui sono destinate. Nel discorso per l’inaugurazione della prima cassa rurale a Caltagirone nel 1897 don Sturzo diceva: ”Tolto di mezzo nelle relazioni dell’uomo con Dio e con la famiglia, il decalogo, è necessità che venga meno anche nelle relazioni con la società. E il settimo non rubare deve cadere quando è tolto il primo: adorerai il Signore Dio tuo; non avrai altro Dio avanti di me”. In un articolo del 1935 pubblicato su un giornale di Friburgo a proposito della morale internazionale scrisse: ”Il cristianesimo è l’anima della vera moralità; senza di esso non si potrebbe nemmeno realizzare ed applicare quella che si chiama morale naturale”. L’idea discriminante di Sturzo è che senza etica l’economia è diseconomia perché l’etica ha a che fare con i fondamenti antropologici, non solo dell’antropologia cristiana ma dell’antropologia in quanto tale. I principali punti cardini dell’antropologia sociale sturziana sono il primato della persona sulla società, della società sullo Stato e della morale sulla politica e sull’economia, la centralità della famiglia, la difesa della proprietà con la sua funzione sociale come esigenza di libertà, l’importanza del lavoro come diritto e dovere di ogni uomo, la costruzione di una pace giusta attraverso la creazione di una vera comunità internazionale. Don Sturzo ha operato una sintesi fra l’economia e l’etica all’interno della società caratterizzata è un complesso ben definito di rapporti e relazioni sociali sintetizzandone il rapporto in una tesi espressa nel primo volume di Politica di questi anni che raccoglie gli scritti pubblicati tra il 1946 e il 1948: l’economia senza etica è diseconomia. Don Luigi Sturzo scrive nel 1947: ”Si dice giustamente che l’economia abbia per fine specifico l’utile, ma per valutare la portata, occorre precisarne il significato e il carattere. L’utile che fa oggetto dell’economia è di carattere sociale; quando questo utile arriva all’individuo, si trasforma in bene, perché l’uso e il godimento è solo individuale, anche quando la fonte del bene sia di uso comune. Una fontana pubblica è comune, ma l’uso e il godimento dell’acqua è di ciascuno di quegli individui che vi attingono. L’oggetto dell’economia non è mai individuale, ma sociale perché l’individuo preso da solo, vivente da solo, operante da solo non esiste né può esistere; l’individuo è sociale, ed attua le sue facoltà, soddisfa le sue esigenze, attinge i suoi fini nella e per la società. Ogni atto individuale in materia economica è in funzione sociale; altrimenti non può classificarsi come atto economico. La posizione dell’individuo nel ciclo economico è sempre sociale fino all’ultimo atto, quando l’oggetto utile, per l’uso che se ne fa, viene trasformato in bene individuale: l’acqua estratta dal suolo, incanalata verso la fontana, messa a contatto con il pubblico arriva ad essere personalmente bevuta. Qui è il punto nel quale la morale incide nell’economia, quando l’individuo viene a domandarsi le ragioni e i limiti dell’uso dei beni; cioè quando si pone il problema dell’appropriazione” (1947).

Il suo pensiero sui problemi fondamentali della convivenza umana si sviluppa attorno a tre concetti guida: la società, lo Stato, la democrazia. Alla base del suo pensiero c’è una concezione antropologia per la quale l’uomo come persona originale libera e responsabile è assieme individuale e sociale, che non potrebbe vivere la sua stessa vita al di fuori delle forme associative. L’economia, che è un elemento necessario della struttura sociale, deve essere rispettosa sia della individualità che della socialità. Essa non è autonoma in senso assoluto, non ha un proprio finalismo, ma partecipa alla natura e al finalismo delle forme fondamentali della società che sono la famiglia, lo Stato e la Chiesa. Per Sturzo l’economia, contrariamente a quanti ne hanno fatto la base e il fattore determinante della società da cui dipendono come sovrastrutture tutte le manifestazioni etico-sociali, non può pretendere di essere il più potente fattore sociale, ha valore non in sé e per sé ma in quanto attività umana, risultante dalla sintesi di due fattori: uomo e natura. In essai valori umani etici, psicologici e politici hanno la parte più importante.

mons. Michele Pennisi: