In un mondo che si specializza anche l’informazione lo fa. C’è del buono in questo, ma come sempre non bisogna eccedere, perdere di vista l’insieme. Se l’informazione è un po’ la medicina che cura il nostro bisogno di conoscere, di sapere cosa succede intorno a noi, allora la specializzazione dell’informazione è simile a quella del dottore: migliora la cura, ma se rimane la capacità di valutare tutto il quadro clinico del paziente. Direi lo stesso dell’informazione; è un bene che si specializzi, ma conservando uno sguardo d’insieme sull’uomo e sul mondo.
Questo è particolarmente vero per l’informazione cattolica: serve, ma non serve che sia ombelicale, attenta solo a quanto avviene nella Chiesa, ma anche fuori di sé o intorno a sé. L’ultra specializzazione di siti che si occupano solo di questioni di Curia, ad esempio, ha certamente una sua utilità, non lo discuto, allarga la conoscenza di chi sia interessato, ma è un prodotto per addetti ai lavori.
Io credo che quello che serve di più siano modi diversi di raccontare e di vedere il nostro mondo. Il fatto religioso così diventa un metro, una lente per leggere, nel migliore dei modi che ci sia possibile. Non servirà una lente sola per leggere il mondo, né possiamo illuderci che il nostro metro sia sempre il più giusto. Ecco allora che l’informazione cattolica cresce in interesse se sa interessarsi non solo ai cattolici, e se si apre anche ai contributi di chi non si è formato nel cattolicesimo. Dobbiamo incontrarci, non dividerci, ma per incontrarci dobbiamo sapere chi siamo. Chi siano i famosi secolarizzati è questione importante! È un campo di conoscenza che serve esplorare, ritengo, per incontrare lettori che non sono nemici, forse a volte sono post-credenti, o credenti delusi: perché? È un viaggio affascinante quello nelle diverse identità di questa parte d’Italia che avverto come post-cattolica: alcuni con rabbia, o rancore, altri con indifferenza, altri ancora con tante perplessità. Ma anche badando alle etichette che ognuno si dà e ci dà, non si vedranno per caso anche tanti cristiani anonimi nella nostra società? Ci sono, ne sono sicuro, e vederli sarebbe importante.
Come è importante andare a conoscere, a presentare, le altre comunità di fede. Hanno davvero il diritto al libero culto? Si sentono parte di questo Paese? Ma c’è tanto altro da scoprire… Come quelli di cui abbiamo parlato è imprescindibile anche il viaggio nelle diverse, a volte anche opposte cattolicità. Con un papa come Francesco questi temi vanno toccati, indagati, a mio avviso serve meno prudenza. Va indagato soprattutto il tradizionalista: chi è? Perché sente questo bisogno di escludere? E’ lo stesso discorso che vale per certi laicisti? Hanno bisogno entrambi di una Chiesa chiusa, arcigna, nemica di qualcuno, per confermarsi nella loro urgenza di definirsi contro? Cosa unisce e differenzia le loro durezze?
Se il mondo si specializza e anche l’informazione lo fa, il mondo si radicalizza anche, e una buona informazione non deve farlo, ma non può prescindere dalla necessità di indagare anche gli opposti estremismi. Sono qui, un po’ ovunque, impossibile nasconderli, fare finta che non ci siano. È così nella società, è così nel mondo…. Uno sguardo cattolico sul mondo è importante, ma non tanto per riprodurre documenti episcopali, piuttosto direi per vedere come la famiglia umana si completi nelle sue diversità mentre gli opposti estremismi presentano spesso un nemico esterno grazie al quale chiuderci nelle nostre tribù, nei nostri fortini assediati. Anche qui gli opposti estremismi, spesso e volentieri, si sostengono vicendevolmente: senza l’uno non cadrebbe anche l’altro? Un’informazione cattolica non può che guardare con interesse alle nostre indispensabili diversità. Il modello per ritenere cattolici tutti questi viaggi uniti innanzitutto dall’interesse per la nostra indispensabile pluralità a me sembra che lo si trovi in quel che faceva Gesù: usciva e si incontrava con tutti. Non parlava solo con i suoi, o per suoi.