Qualche settimana fa si è conclusa la maratona per la fine della pandemia ― la preghiera, in collegamento televisivo da santuari mariani di tanti Paesi, con la recita quotidiana del santo rosario. Questa iniziativa, promossa dal santo Padre, ha unito le preghiere per la fine della pandemia di tante persone devote al cuore di Maria, la Madre di Gesù, e fiduciose nella sua intercessione. La maratona per la fine della pandemia ha un significato teologico con conseguenze pratiche, se compresa come espressione del desiderio di partecipare alla comunione della Madre con la sorte del Figlio, secondo il racconto della Passione nel Vangelo di san Giovanni.
Dopo la crocifissione i soldati romani si divisero le vesti di Gesù in quattro parti, e tirarono a sorte la tunica ― un vestito senza cucitura, tessuto tutto d’un pezzo da cima a fondo, indossato direttamente sulla pelle. La menzione dell’“unità” della tunica evidenzia il significato della morte di Gesù secondo la profezia di Caifa, che cioè «…Gesù doveva morire per la nazione; e non solo per la nazione, ma anche per riunire i figli di Dio che erano dispersi» (Gv 11,51-52). La sorte della tunica simbolizza la partecipazione dei figli di Dio all’unità di Gesù con il Padre. A questo significato simbolico delle vesti di Gesù, nel racconto della Passione, se ne aggiunge un altro. Per il Midràsh i vestiti nella Bibbia simbolizzano la condivisione e il cambio delle sorti. E in effetti, la menzione delle vesti nel racconto della crocifissione indica che la liberazione celebrata con la festa della Pasqua ebraica, in occasione della Passione di Gesù, avviene come un cambio di sorti perché con la sua morte Gesù dona la vita eterna, e cioè la partecipazione alla sua comunione con l’amore del Padre.
Questo è il senso delle parole di Gesù alla Madre e al discepolo amato: «Donna ecco tuo figlio… Ecco tua Madre». In entrambi gli episodi si tratta della condivisione della vita di Gesù, della partecipazione alla sua sorte, e di un cambio di sorti. I soldati ricevono in sorte le vesti di Gesù, il discepolo amato riceve la Madre e così partecipa alla sorte di Gesù, e la Madre pure partecipa alla sorte del Figlio, che gli affida il discepolo amato. Gesù dalla croce offre la comunione con la sua vita e la partecipazione alla sua sorte: affida la Madre al discepolo amato e questi alla Madre, perché si prendano cura l’uno dell’altro reciprocamente, e in questo modo condividano la sua vita di comunione reciproca con il Padre. La maratona per la fine della pandemia ha espresso il desiderio e la volontà di prendersi cura l’uno dell’altro, partecipando così alla vita di Gesù e condividendo la sua sorte.
Le parole alla Madre dalla croce si riferiscono al significato letterale delle parole di Gesù alle nozze di Cana: «Cosa c’è tra me e te donna? Non è ancora giunta la mia ora» (Gv 2,4). Con l’innalzamento sulla croce l’ora di cui Gesù parlava a Cana è venuta. Egli ha tutto in comune con la Madre, compresa la maternità, perché le dà il discepolo amato come figlio. La madre ha in comune con il Figlio tutto, compresi i discepoli. Il discepolo che Gesù amava, e che è presso la croce insieme alla Madre di Gesù e ad altre donne, non è chiamato per nome. Egli così rappresenta chiunque diventa discepolo amato di Gesù ascoltando la sua parola. Come il «discepolo amato», ogni discepolo è “amato”, e diventa come Gesù: è trasformato dall’amore speciale di Gesù, partecipa alla sua speciale “unità” e comunione con l’amore del Padre, anche per mezzo della familiarità con la Madre che ha sperimentato la comunione e l’unità carnale con il Figlio.
Nel nostro calendario liturgico questa comunione è celebrata con la festa del Cuore Immacolato di Maria, un giorno dopo la festa solenne del Sacro Cuore di Gesù. Nelle celebrazioni di queste feste liturgiche, oltre che con la preghiera durante la maratona per la fine della pandemia, ci siamo rivolti al cuore della Madre di Gesù e le abbiamo chiesto di sperimentare la sua partecipazione alla sorte del Figlio, e cioè la sua comunione con il cuore pieno di Amore di Gesù. Partecipiamo alla sorte di Maria e siamo in comunione con Gesù se alla fine della pandemia siamo più sensibili e meno indifferenti a chi è nel bisogno, se siamo più umili e meno arrivisti a tutti i costi, anche a costo di maltrattare gli altri e il creato, se siamo più accoglienti e meno egoisti, meno paurosi di chi è diverso da noi.
Con la “maratona” per la fine della pandemia e poi con la celebrazione della festa del sacro Cuore di Gesù e del Cuore Immacolato di Maria abbiamo espresso il desiderio che cresca e si estenda la partecipazione reciproca alla sorte di Gesù e alla sua comunione con l’amore del Padre. Sappiamo che per questo è necessario il dono dello Spirito Santo ed è importante la testimonianza che daremo a questa comunione con la pratica dell’amore: solidale con chi è solo, che ha pazienza con chi è prepotente, e che perdona tutto.