Papa Francesco oltre i tradizionali messaggi per la Giornata mondiale per la Pace e i discorsi al Corpo Diplomatico continua a rivolgere continui appelli per la pace in un periodo in cui è in atto una “guerra mondiale a pezzi”. Egli ha dedicato l’intera riflessione prima dell’Angelus del 2 ottobre alla guerra in Ucraina definita una “terribile e inconcepibile ferita dell’umanità, che anziché rimarginarsi, continua a sanguinare sempre di più, rischiando di allargarsi”. Il Papa si dichiara afflitto per “i fiumi di sangue e di lacrime versati in questi mesi”, addolorato per “le migliaia di vittime, in particolare tra i bambini, e le tante distruzioni, che hanno lasciato senza casa molte persone e famiglie e minacciano con il freddo e la fame vasti territori” e fortemente preoccupato perché l’umanità si trova nuovamente davanti alla assurdità di una minaccia atomica, con conseguenze incontrollabili a livello planetario.
Papa Francesco ha rinnovato un accorato appello a tutte le parti in causa per un immediato cessate-il-fuoco: ”Tacciano le armi e si cerchino le condizioni per avviare negoziati capaci di condurre a soluzioni non imposte con la forza, ma concordate, giuste e stabili. E tali saranno se fondate sul rispetto del sacrosanto valore della vita umana, nonché della sovranità e dell’integrità territoriale di ogni Paese, come pure dei diritti delle minoranze”. Il Papa ha fatto appello a tutti i protagonisti della vita internazionale perché facciano tutto il possibile per porre fine alla guerra in corso, senza lasciarsi coinvolgere in pericolose escalation, e per promuovere e sostenere iniziative di dialogo. Nel suo magistero insiste sulla necessità della fraternità universale e l’assurdità della guerra. Egli si fa carico delle sofferenze delle vittime di tutte le guerre in corso dall’Ucraina ai vari paesi dell’Africa e del Medio Oriente, fino alla tragica eredità, degli ultimi due conflitti mondiali del Novecento.
Francesco individua nelle relazioni internazionali dominate dalla forza militare, nella corsa assurda al riarmo le motivazioni profonde che stanno dietro alle guerre che ancora oggi insanguinano il pianeta. Il dialogo come arte politica, la costruzione artigianale della pace, che parte dalla conversione del cuore e si estende al mondo, il bando delle armi atomiche, il disarmo come scelta strategica sono le indicazioni concrete che Francesco ci affida affinché la pacificazione diventi realmente l’orizzonte condiviso su cui costruire il nostro futuro. Questi appelli di Papa Francesco si devono tradurre in scelte operative, in progetti politici ed umanitari per educare alla pace individui, comunità e nazioni, per costruire una vera cultura di pace, premessa indispensabile per una effettiva civiltà dell’amore a vantaggio di tutta l’umanità.
Jorge Mario Bergoglio è il primo pontefice della storia ad aver scelto il nome di San Francesco, il profeta che sostituisce il dialogo alla violenza andando incontro al Saladino disarmato con la sola arma del Vangelo, è il santo dell’armonia ritrovata tra cosmo e umanità, che sgrida il lupo e canta insieme ai passeri la gloria di Dio. E’ importante scoprire il volto più propriamente cristiano ed ecclesiale di questo santo, il nocciolo duro della sua esperienza che oggi può esigere da noi la conversione. Prima di tutto, la sua aderenza costante all’insegnamento evangelico, alle parole e alla figura stessa di Gesù. L’impressione che Francesco suscitò nei suoi contemporanei fu quella della sua configurazione a Cristo visto non tanto come Signore trionfante o come Giudice severo, ma nella sua umanità di bambino nato in estrema povertà e nella sua nudità di Crocifisso. Il segreto di tutta la sua vita fu l’amore a Cristo. Francesco amò Cristo in tutta la sua concretezza storica: nelle creature inanimate, negli uomini soprattutto poveri e sofferenti a partire dai lebbrosi che baciò, nella S. Scrittura, nell’Eucaristia, nella Chiesa terrena. In un periodo fra i più bui della storia della chiesa, il paradosso di Francesco fu quello di voler rassomigliare a Cristo senza offrire il minimo pretesto per rifiutare o mettere in difficoltà la Chiesa, che venne sostenuta da lui, come raffigurato nel famoso sogno di papa Innocenzo dipinto da Giotto.
San Francesco è andato dai Musulmani con mitezza e bontà e non con la spada dell’odio ma con il messaggio dell’amore e l’arma del dialogo fondato sull’annuncio del vangelo anche al Sultano senza infingimenti diplomatici ma anche nel rispetto della libertà di coscienza. San Francesco è diventato il santo che ha augurato la pace e il bene per tutti ed Assisi è diventata la città simbolo della pace e della fraternità universale. Proprio da Assisi è stata inviata nel 2002 da Giovanni Paolo II una lettera ai capi di Stato e di Governo con la quale si trasmetteva loro il “Decalogo di Assisi per la Pace” elaborato dai rappresentanti delle varie religioni ad Assisi il 24 gennaio 2002.