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Imbambolati dal gender

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Dopo le aule scolastiche e gli schermi cinematografici e televisivi, la colonizzazione-gender invade gli scaffali dei negozi di giocattoli. Ed è proprio il caso di dire che quando il consumismo si intreccia all’ideologia è lecito attendersi di tutto. Lo avevamo già visto nei mesi scorsi con certi cartoni animati “fluidi”, nei quali i protagonisti non hanno un’identità sessuale definita. Adesso è la volta della Barbie unisex, la bambola messa in commercio per “far giocare senza etichette di alcun tipo”, spiegano i produttori in una nota riferita dall’Agi. A chi ha orecchi per intendere dovrebbero risuonare le parole pronunciate da Papa Francesco durante il volo di ritorno dal suo viaggio nel Caucaso riguardo “quella cattiveria che oggi si fa con l'indottrinamento della teoria gender”.

Un padre francese aveva raccontato al Papa del figlio di dieci anni che alla domanda “cosa vuoi fare da grande?” aveva risposto: “La ragazza!”. “Il padre si è accorto che nei libri di scuola si insegnava la teoria gender, e questo è contro le cose naturali – disse il Pontefice conversando con i giornalisti sull’aereo papale -. Una cosa è la persona che ha questa tendenza, o anche che cambia sesso. Un'altra è fare insegnamenti nelle scuole su questa linea, per cambiare la mentalità: io chiamo questo colonizzazione ideologica“.

Ora dalle scuole si arriva anche negli asili, nelle ludoteche e nelle giocattolerie. Natura e antropologia non contano più. Basta corrispondere alle mode culturali del momento. Il mercato non sente ragioni. Malgrado il Vangelo metta in guardia da chi confonde i piccoli, oggi è tutto un affannarsi a compiacere le ideologie “flu” che vorrebbero formare fin dalla culla consumatori anestetizzati, confusi e obbedienti. Meglio per i loro interessi economici e di potere favorire e incentivare in questa direzione sessualmente indefinita, giocattoli e condotte unisex, sicuramente più funzionali al business globalizzato del terzo millennio rispetto ai valori della vita e della famiglia.

Il punto, ribadito più volte dalla Santa Sede all’Onu, è chiaro e purtroppo ignorato: “Nessuna discriminazione nei confronti delle persone, ma l’ideologia gender è un pericolo e un passo indietro per l'umanità”. Un tempo c'era una chiara comprensione di cosa significasse essere un uomo e una donna. Oggi questa chiarezza è stata scalfita dall'ideologia gender che ipotizza un’identità personale svincolata dal sesso. Ora, ben prima di mettere piede in un’aula scolastica, i bambini in età da asilo non sapranno se una bambola è maschio o femmina. Quindi per il momento si tratta di oggetti, un domani molto prossimo anche di persone in carne ed ossa. Sostituire questa identità di genere al sesso biologico, come ha più volte ribadito la Santa Sede, ha forti ricadute non solo in termini di diritto, educazione, economia, salute, sicurezza, sport, lingua e cultura, ma anche in termini di antropologia, dignità umana, diritti umani, matrimonio e famiglia, maternità e paternità. Un pericolo per le sorti stesse delle donne, degli uomini e soprattutto dei bambini.

Fino a poco tempo fa le preoccupazioni dell’Osservatore Vaticano alle Nazioni Unite potevano sembrare fantascienza. Adesso sono realtà quotidiana. Nell’esortazione apostolica Amoris laetitia, in cui Papa Francesco sottolinea che l’ideologia gender, nega “la differenza e la reciprocità naturale di uomo e donna”, prospetta “una società senza differenze di sesso e svuota la base antropologica della famiglia”. E così “l’identità umana viene consegnata ad un’opzione individualistica, anche mutevole nel tempo”. Sesso biologico e ruolo sociale-culturale del sesso (gender) si possono distinguere, ma non separare. E invece ora bambini e bambine potranno giocare con lo stesso bambolotto unisex perché tanto per decidere con chi identificarsi avranno tempo, chissà quando, almeno secondo i progetti dei teorici del gender. Sempre che non ci si accorga finalmente di quanto imbambolati vorrebbero fossero i nostri figli coloro che negano ogni distinzione tra i sessi.

don Aldo Buonaiuto: Fondatore e direttore editoriale di In Terris, è un sacerdote della Comunità Papa Giovanni XXIII. Da anni è impegnato nella lotta contro la prostituzione schiavizzata