La vicenda di corruzione più drammatica della storia contemporanea rischia di lasciare una macchia indelebile sul Parlamento europeo. Il luogo della sovranità dei 27 Stati membri dell’Unione. L’unico organismo che dal 1979 i cittadini europei eleggono a suffragio universale e diretto. Eva Kaili, figura centrale dello scandalo, è stata destituita dall’incarico di Vicepresidente. In seduta plenaria l’aula di Strasburgo ha approvato la procedura prevista dall’art. 21 dell’Europarlamento sulla cessazione anticipata delle cariche.
È la prima risposta delle istituzioni comunitarie dopo gli illeciti emersi dalle indagini della magistratura belga su episodi di presunta corruzione della c.d. Qatargate. I sacchi di banconote fascettate in serie da 50 e 20 euro trovati nelle abitazioni private di politici e funzionari sarebbero serviti agli emissari dello Stato qatarino per far veicolare l’immagine di un Paese dal volto umano, rispettoso dei diritti delle donne e dei lavoratori. In totale, sembra sia stato distribuito ai fini corruttivi un milione e mezzo di euro in contanti. Soldi da utilizzare per “oliare” i procedimenti parlamentari ed ottenere manifestazioni di plauso allo scopo innalzare la reputazione del piccolo ma ricchissimo emirato.
Secondo i dossier dei servizi di intelligence alcune associazioni caratterizzate dall’avere come fine la difesa dei diritti umani avrebbero ricevuto proventi illeciti per corrompere i parlamentari e indurli a tenere posizioni più favorevoli nei confronti del governo qatariota. Secondo quanto trapela dall’inchiesta giudiziaria la Ong Fight Impunity sarebbe servita da tramite “per far girare i soldi” e favorire in particolare due Paesi: il Marocco e il Qatar. Con l’obiettivo, tra gli altri, di remunerare alcuni parlamentari europei in cambio di un loro impegno da profondere per la diffusione di un clima di fiducia e apprezzamento delle riforme intraprese dal governo di Doha su temi fondamentali come la tutela dei lavoratori. Proprio con riferimento ai mondiali di calcio il quotidiano britannico Guardian ha rivelato che in dieci anni, dal 2010 al 2020, hanno perso la vita 6.500 persone impiegate nella costruzione di stadi e strutture legate allo svolgimento della competizione sportiva.
Le maxitangenti distribuite dagli sceicchi nelle massime sedi della rappresentanza politica europea ci riportano alla stagione di Mani pulite in cui le mazzette venivano elargite per condizionare le scelte dell’amministrazione pubblica. L’utilizzo sistematico di tangenti serviva per l’aggiudicazione degli appalti relativi a grandi opere pubbliche. Un sistema di diffusa illegalità costruito per vincere illecitamente le gare e ottenere alti profitti, in palese violazione della regola concorrenziale tra operatori economici. Una relazione perversa tra politica e impresa che si snodava attraverso conti correnti dedicati al passaggio del denaro. Nel 1994, proprio per la forte perdita di credibilità delle Assemblee elettive dovuta alla presenza di un gran numero di parlamentari indagati nell’inchiesta della procura milanese, l’allora Presidente della Repubblica Scalfaro ritenne necessario sciogliere anticipatamente le Camere.
Eppure, le analogie con la Tangentopoli dell’inizio degli anni 90 non restituiscono la gravità dei fatti contestati dai giudici di Bruxelles. Il sistema di relazioni corruttive che pare profilarsi all’interno delle istituzioni europee presenta aspetti nuovi e probabilmente assai più inquietanti. Andando molto al di là del caso italiano. I diritti umani vengono svenduti da “un gruppo di persone molto ampio dedito alla corruzione”, come scrivono i magistrati nei decreti di perquisizione, in cambio di “ingenti somme di denaro”. La moderna politica europea si arricchisce non sugli appalti ma sui diritti inalienabili e sulle libertà fondamentali delle donne, degli omosessuali e dei lavoratori più fragili. Ammiccando con Paesi che, in spregio ai principi dello stato di diritto, calpestano sistematicamente le più elementari regole della convivenza civile.
Ma l’illegalità passa anche dalla denigrazione all’Occidente e ai suoi valori. La signora Kaili in un suo discorso non si limita a tessere le lodi in favore del Qatar, che descrive incredibilmente come “paladino dei diritti del lavoro”. In un passaggio del suo stravagante racconto, ispirato allo stereotipico ideologico del politiccally correct, l’Europa viene posta sul banco degli imputati, colpevole di “bullismo” verso i suoi interlocutori. Rincarando i rimproveri nei confronti dello stesso Parlamento europeo che avrebbe pregiudizi negativi nei confronti di alcuni paesi arabi. Per finire con il solito ritornello secondo cui l’Occidente “non ha il diritto morale di impartire lezioni a nessuno”. Per un eccentrico paradosso la dottrina del risentimento contro l’Europa diviene un potente attrezzo per affondare i diritti. Nucleo distintivo dell’inestimabile patrimonio del costituzionalismo liberal democratico delle società continentali.