Vorrei dedicare questo editoriale ai tanti ragazzi che incontro e che mi scrivono, smarriti nella loro sete di verità. C’è chi racconta loro che la mafia con i suoi sistemi è quasi un retaggio del passato. In un recente viaggio nella bellissima Sicilia appositamente ho stuzzicato diversi personaggi ai quali ho chiesto quale fosse l’attuale percezione di Cosa Nostra. Interessanti sono state le risposte, quasi tutte simili nonostante tali soggetti non si conoscessero tra di loro. “Oggi la mafia è quasi superata”, “Non rappresenta più un pericolo”. In realtà sappiamo quanto la criminalità organizzata si sia notevolmente trasformata, evolvendosi in maniera sofisticata.
Ora ai veri mafiosi non conviene più commettere reati plateali, bensì in giacca e cravatta preferiscono gestire i propri loschi traffici muovendo masse di denaro con la connivenza dei poteri forti, sia economici che politici. Se una volta era il sangue delle sparatorie e delle bombe a farla da padrone, oggi il sistema criminale produce le sue vittime attraverso le più subdole forme di profitto. I giovani vengono schiacciati dai molteplici rifornimenti della criminalità organizzata che spaziano nel mondo delle dipendenze.
Il sistema non perdona. E’ talmente inserito nello Stato, che diventa impossibile distinguere il buono dal cattivo, ad ogni livello. Si crea così una confusione di ruoli e di modi dove la legge viene facilmente corrotta. L’inquinamento cronico e costante di questa società sempre più mafiosa rende l’aria irrespirabile, proprio come l’afa di questi giorni. Un senso di soffocamento sconcertante avvolge il cittadino onesto, il popolo, la gente semplice.
Ti fanno credere qualsiasi cosa, ti costringono ad abbeverarti nel trogolo dei maiali, creando surrogati di finto benessere. Questo è l’uomo che non ha perso soltanto il senno e la saggezza ma anche il timore di Dio, la bussola della vita e il senso vero della propria esistenza.
Gli anni passano perdendo il sapore e il gusto delle cose, a partire da quelle più preziose come la salute, la famiglia, le amicizie, gli affetti. Il lavoro sembra finalizzato a soddisfare i propri bisogni ma in realtà foraggia le carriere e il potere di questi soggetti.
Quanto servono certe parate antimafia se si limitano soltanto a sbandierare l’inno della legalità a parole, senza però più denunciare con forza e incisività le cause che provocano tali ingiustizie? E’ sufficiente piangere i morti delle stragi e i grandi eroi del passato? E dove sono gli eroi di oggi? La testimonianza, da trasmettere alle nuove generazioni, è fondamentale ancora adesso. I nostri ragazzi hanno bisogno di sentirsi dire la verità, ed è necessario togliere il velo dell’ipocrisia e della menzogna disprezzando qualsiasi forma associativa che abbia come base la segretezza.
Ti ingannano quindi facendoti credere di agire per un disegno salvifico mentre in realtà si specula sui più deboli e su coloro che non possono reagire. Si “investe” sui più poveri e sugli scarti della società, compresi quei migranti il cui calvario è stato svelato dall’incisiva indagine di Mafia Capitale, condotta dal Procuratore Pignatone, che ha mostrato quanto la mafia ci stesse guadagnando.
Decidere sulle vite degli altri senza che questi lo sappiano è l’atto più diabolico che possa esistere. Questa mentalità corrotta sembra incorruttibile, perché sta cambiando la coscienza dell’uomo. Papa Francesco nell’enciclica Laudato Sì lo spiega con grande chiarezza e altrettanta scomodità, e forse proprio per questo la parola d’ordine è non parlarne. Appunto, proprio il tacere mi è stato suggerito: non trattare il tema della mafia, chiudere gli occhi, non inimicarmi le diverse associazioni di colletti bianchi, farmi gli affari miei che di cose da fare ne ho tante, limitarmi all’assistenzialismo…
Un conato di vomito è stata la mia reazione. E nella mia mente riecheggiavano le parole di don Oreste Benzi: “Rendersi insopportabile l’ingiustizia… Per questo non posso tacere”.