Il Pastore resta accanto al suo gregge sofferente. Fin dall’inizio della pandemia Interris.it ha raccontato come papa Francesco sia diventato un punto di riferimento morale per tutti gli uomini e le donne di buona volontà. Ciò, innanzi tutto, in virtù della sua parrocchialità. Cioè della vicinanza umana che lo fa sentire come autorità accessibile e comunque conoscitrice del tuo problema. Si tratta di una pastoralità percepibile a prima vista. per Francesco abbracciare la croce di Cristo significa trovare il coraggio di abbracciare tutte le contrarietà del tempo presente. Abbandonando per un momento il nostro affanno di onnipotenza e di possesso. Per dare spazio alla creatività che solo lo Spirito è capace di suscitare.
Ad essa si aggiunge, nella figura del Pontefice venuto “quasi dalla fine del mondo“, l’abbandono (nel senso di affidamento senza riserve) alla divina Provvidenza. Ossia la certezza della misericordia del Signore. La capacità di “mettersi nei panni“ (nel senso di condividere) dell’uomo di oggi, soprattutto del povero. La configurazione della povertà non solo come condizione umana da prediligere come attenzione amorevole per i cristiani. Ma come vero e proprio luogo teologico per eccellenza (“lì c’è Dio!”).
Soprattutto in pandemia il magistero di Francesco è fatto di profezia e non di soluzioni tecniche. Come se dicesse: io ti faccio vedere ciò che tu non sei più in grado di vedere a causa delle cataratte storiche o ideologiche che ti riducono la vista.E cioè gli uomini-scarto. L’umanità e la fratellanza dei migranti. La catastrofe ecologica che minaccia la vita soprattutto dei popoli più poveri. Ecco io ti tolgo le cataratte che ti impediscono di vedere. Ma la soluzione tecnica a questi drammatici problemi la devi trovare tu. E’ responsabilità politica tua. Io non voglio invadere il terreno della tua autonomia e della tua competenza di laico. E soprattutto di laico impegnato in politica.