Il nodo della autonomia differenziata continua a dividere le forze politiche. Qualora ottenesse il via libera, si produrrebbe una ulteriore complicazione della triste vicenda della autonomia degli enti locali. Il consumatissimo opportunismo delle forze politiche dell’ultimo quarto di secolo ha ridotto il tema del decentramento ad un pastrocchio senza ne capo e ne coda, con assetti assai lontani dalle indicazioni costituzionali: burocrazie sovrapposte immobilizzanti, pagate dai cittadini a causa di conflitti di potere tra istituzioni e tasse esorbitanti statali, regionali, comunali. Infatti la sussidiarietà verticale che assegna le funzioni dello Stato a istituzioni locali e centrali, ha accresciuto la paralizzante sovrapposizione burocratica e lo straripamento dei poteri dei partiti a danno del management pubblico.
Basti vedere gli accadimenti nelle regioni della gestione della sanità, della mancanza di distinzione tra i compiti della politica di programmare e controllare. Ormai è uno sbiadito ricordo del passato l’impostazione che la politica programma e controlla ed i tecnici eseguono la gestione, sostituito dalla unificazione sic e simili iter di tutti e tre i compiti in capo alla politica. Dunque procedere alla definizione di autonomie ulteriori senza porsi il tema di una loro rivisitazione e la loro compatibilità con gli interessi generali, con le indicazioni costituzionali, con le esigenze di trasparenza gestionale, con i criteri di costi-benefici, porterà il paese al baratro. Ma la politica italiana della sinistra come la destra concependo la sussidiarietà solo verticale, confessa che il tema del decentramento e della sussidiarietà è solo un modo per consegnare ai cacicchi locali sempre più poteri, con le conseguenti inefficienze e costi esorbitanti che annunciano tasse maggiori palesi o nascoste.
Proprio in queste ore nelle commissioni parlamentari si sono decise la prossima approvazione della resurrezione delle provincie. Essi nei fatti negano quello che l’art 118 della costituzione indica la possibilità di giungere in molti casi al self government per agevolare i soggetti sociali privati nel perseguimento di interesse comune in forma associata e volontaristica, attraverso la sussidiarietà orizzontale. Infatti le formazioni sociali possono concorrere alla gestione delle attività di interesse generale. Questa logica è importante per più ragioni e deve mirare alla gestione diretta dei servizi sociali da parte delle famiglie quando intendono organizzarsi a farlo, come gli asili nido, dell’infanzia o di qualsiasi altra attività che può che essere collettivamente promossa godendo di agevolazioni e sostegni.
È questa visione del governo delle comunità che conduce alla libertà responsabile. Una libertà che è alternativa alla esperienza di questo ultimo quarto di secolo di populismi e leaderismi. Una alternativa che nasce e si sviluppa proprio in presenza di palestre di impegno dei cittadini nel costruire essi stessi il rimedio all’elefantiasi paralizzante dello Stato quando esso è l’alfa e omega per ogni soluzione sempre più difficile da trovare senza il coinvolgimento dei cittadini nella realtà complessa della modernità che viviamo.