Gesù, il Verbo incarnato si rende disponibile al mondo ancora una volta affinché l’essere umano possa riconoscere se stesso e il suo posto nella storia. Il Figlio di Dio ci chiama a un cristianesimo di gioia capace di dare risposte credibili e intraprendendo un percorso di fede autentico, non mediocre, non autosufficiente. Bisogna ripetere quel “sì” della giovane donna di Nazareth, la Vergine Maria, che ha provocato il più grande cambiamento del cammino dell’umanità. Purtroppo gli individui ricurvi su se stessi o prigionieri di qualche idolatria difficilmente potranno compiere questo fondamentale salto di qualità. E così anche per gli uomini di fede c’è il rischio di dimenticare il significato più intrinseco del Natale, la presenza di Gesù Salvatore, ormai sempre più trascurato e dimenticato, prediligendo invece l’aspetto consumistico e superficiale.
Questa solenne ricorrenza ci invita a mettere più ordine nelle effettive priorità della vita partendo dal riconoscere Gesù nelle persone che ci sono accanto. Invece, troppo spesso capita di mettere tutto sullo stesso piano non distinguendo ciò che è oggettivamente importante da quanto può aspettare o non è essenziale. Il Signore ha tempo per noi, anche se noi non lo abbiamo per lui. Se avessimo il coraggio della verità, dovremmo ammettere che sono tanti gli “improrogabili impegni” che in realtà potrebbero aspettare, mentre esistono altrettante persone che non possono attendere e hanno bisogno di noi e della nostra attenzione. La nascita del Redentore diventa, in tal modo, un ritorno alla riconciliazione con l’Amato e i fratelli, una preparazione autentica ad accogliere quella pace vera che non delude l’umanità.
La Natività evoca valori positivi anche per i non credenti: l’unità familiare, la misericordia, il sacrificio, l’umiltà, la carità. È il racconto quotidiano di un avvenimento compiuto nell’intimità e nel calore di una casa o di una comunità. Al contempo, però, è anche possibilità concreta per riflettere con più profondità sul valore della solidarietà e per condividere il pane con l’affamato incontrando veramente il piccolo Gesù bambino, simbolo di chi è debole e bisognoso di ogni cosa, da amare e proteggere, riconoscere e rispettare. C’è chi si ostina a chiedere delle assurdità: vietare ogni riferimento a figure sacre, tra le quali il presepe, in nome della multiculturalità o per non offendere le diverse religioni. In questo contesto l’effige del bambinello, è sempre stata scomoda per i prepotenti della Terra, insopportabile per chi alimenta le ingiustizie fomentando l’odio, diventando davvero inopportuna! Eppure Dio non si lascia intimorire dai seduttori del male, ma continua a emergere dalle tenebre, a risplendere senza pretendere di essere accettato né compreso.
A quanti si infastidiscono nel vedere dei presepi nei quali sono stati collocati dei barconi simili a quelli utilizzati dai migranti per fuggire da miseria, paura e morte, bisognerebbe ricordare che il Natale non è solo tradizione e devozione ma anche capacità di calarsi nella realtà attuale creando comunione. Il problema vero è che dobbiamo riconquistare quel senso forte di appartenenza alle nostre radici cristiane recuperando un certo sano orgoglio per non accondiscendere, di fatto, all’eliminazione di un patrimonio spirituale unico e insostituibile. Non può esistere il Natale senza il presepe così come non può esistere una festa senza il festeggiato che, in questo caso, è il Salvatore del mondo, Gesù nato in una stalla! Naturalmente, oltre agli addobbi, ai segni esterni, bisogna mostrare quelli della vita interiore. Infatti, come affermato da Papa Francesco durante il discorso alla curia romana in occasione degli auguri natalizi, “una fede soltanto intellettuale o tiepida è solo una proposta di fede, che potrebbe realizzarsi quando arriverà a coinvolgere il cuore, l’anima, lo spirito e tutto il nostro essere, quando si permette a Dio di nascere e rinascere nella mangiatoia del cuore, quando permettiamo alla stella di Betlemme di guidarci verso il luogo dove giace il Figlio di Dio, non tra i re e il lusso, ma tra i poveri e gli umili”. Buon Natale.