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Il Giubileo che unisce Vecchio e Nuovo Testamento

Il Giubileo come ponte tra Nuovo e Vecchio testamento. Il Giubileo ha origine ebraica, quando ogni 50 anni si celebrava un anno di riposo della terra (per rendere più forti le coltivazioni) e la liberazione degli schiavi per restituirgli l’uguaglianza e ridurre le distanze tra i ricchi e i poveri. Il presidente emerito della Corte Costituzionale, Giovanni Maria Flick ne ha parlato alla fondazione Centesimus annus. E ha precisato che nell’origine ebraica di ciò che oggi traduciamo con misericordia, l’Antico Testamento usa l’espressione “rehamim“. Che propriamente designa le “viscere” (al singolare, in senso materno, ventre). Della misericordia iniziale, Dio conserva memoria per gli uomini. A condizione che gli uomini siano fervidi nella speranza di riceverla, fino all’insistenza, fin quasi all’insolenza.

Giubileo
Foto © Imagoeconomica

Nella tradizione cattolica, il Giubileo o Anno Giubilare o Anno Santo, è un periodo di circa un anno nel quale la Chiesa concede particolari indulgenze che ottengono la remissione delle pene temporali grazie a opere di pietà, di penitenza e di carità. Solitamente il periodo giubilare va dal Natale (cioè dalla sera del 24 dicembre) all’Epifania (6 gennaio) dell’anno liturgico seguente, durando dunque poco più di un anno solare. Per secoli e per la maggior parte dei giubilei, il momento iniziale del giubileo è stata l’apertura della porta santa della Basilica di San Pietro, il passaggio attraverso la quale è condizione necessaria per l’ottenimento dell’indulgenza. Il Giubileo della Misericordia ha previsto la possibilità per ogni diocesi di aprire la propria porta santa, oltre alle quattro tradizionali delle basiliche romane. Il riferimento teorico è quello del classico Giubileo ebraico descritto nell’Antico Testamento, il quale aveva una connotazione prettamente sociale per la riconciliazione delle ingiustizie umane. Con liberazione di schiavi e prigionieri e condono dei debiti.

Giubileo
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Per Francesco l’obiettivo della predicazione è sollecitare la Chiesa a calarsi nella realtà. La teologia non può prescindere da un tempo e da uno spazio preciso che è il mondo reale. “Una nuova architettura finanziaria internazionale audace e creativa” che nella prospettiva del Giubileo del 2025 porti a una moratoria del debito estero dei Paesi più poveri. E’ tornato a chiederla papa Francesco, ricevendo oi partecipanti al seminario “Affrontare la crisi del debito nel Sud del mondo”, promosso dalla Pontificia Accademia delle Scienze. Il Pontefice ha spiegato come non vada “bene qualsiasi forma di finanziamento“, ma solo quelle che implichino “una condivisione di responsabilità” tra chi riceve e chi concede gli aiuti. Perché, ha aggiunto, il beneficio che possono apportare, dipende dalle condizioni dei prestiti, da come vengono utilizzati e dal contesto in cui vengono risolte eventuali crisi economiche e finanziarie che potrebbero verificarsi. Del resto, ha incalzato Francesco, “dopo la globalizzazione mal gestita, la pandemia e le guerre, ci troviamo di fronte a una crisi del debito che colpisce soprattutto i Paesi del Sud del mondo, generando miseria e angoscia, e privando milioni di persone della possibilità di un futuro degno“.

Giubileo
Foto di Gabriella Clare Marino su Unsplash

Sulla scia del magistero dei predecessori, papa Bergoglio ribadisce l’esigenza di soluzioni ispirate a principi di giustizia e di solidarietà. Agendo in buona fede e nella verità e seguendo un codice di condotta internazionale con standard di valore etico che tutelino le negoziazioni. Quella di condonare i debiti nell’anno giubilare, dunque, era una tradizione del popolo ebraico. Il Pontefice avverte che debito ecologico e debito estero sono due facce della stessa medaglia. E ipotecano il futuro. Il Giubileo 2025 offre l’opportunità di aprire mente e cuore “per sciogliere i nodi di quei legami che soffocano il presente, senza dimenticare che noi siamo solo custodi e amministratori”. Si tratta insomma di un nuovo invito a sognare e ad agire insieme nella costruzione responsabile della casa comune. Nella consapevolezza che “nessuno può abitarla con la coscienza tranquilla quando sa” di essere circondato da “moltitudini di fratelli e sorelle affamati, immersi nell’esclusione sociale e nella vulnerabilità”. Infatti “permettere che ciò accada è un peccato umano”. E “anche se uno non ha fede”, è un peccato sociale. Il Giubileo, inoltre, come terreno storico di dialogo tra cristiani ed ebrei. La Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei (17 gennaio 2025) ha come titolo: “Pellegrini di speranza”. Perché, assicura la Cei, “noi al dialogo continuiamo a crederci”. E questo è importante anche come “servizio alla società“. Infatti “noi cristiani siamo in attesa di cieli nuovi e terra nuova dove avrà stabile dimora la giustizia. E in quella direzione noi cerchiamo di fare dei passi di giustizia. Il primo passo della giustizia è dialogare, rimanere in dialogo, costruire ponti“.

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