Oggi sono sette anni dalla dimissioni di Joseph Ratzinger ma è anche la data di uscita del libro in cui Francesco proclama la sua continuità con Karol Wojtyla (il Pontefice usato dai suprematisti contro di lui). Domani, poi, sarà pubblicata l’esortazione apostolica di Francesco nella quale parla di celibato e di “viri probati” (argomento del libro di Ratzinger costato il posto a don Georg). Si chiamerà “Querida Amazonia” e sarà il frutto conclusivo dell'assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi per la Regione Panamazzonica che si è tenuta lo scorso ottobre. Grande attesa, commenta la vaticanista dell'Ansa, Manuela Tulli, per quanto Papa Francesco deciderà in merito alla questione del celibato sacerdotale (e se deciderà di affrontare l'argomento). Nel documento finale dei vescovi si chiedeva di prendere in considerazione l'ordinazione sacerdotale di uomini sposati, che siano già diaconi permanenti, vista la scarsa presenza di sacerdoti nella vastissima area panamazzonica. Al Papa spetta l'ultima parola e si vedrà domani se la questione sia stata recepita o meno nel documento.
Un tema divisivo per la Chiesa cattolica e su cui è nata una polemica con il cardinale conservatore Robert Sarah, che ha coinvolto Benedetto XVI e portato all'allontanamento non ufficiale del prefetto della Casa Pontificia (e segretario particolare di Ratzinger) l'arcivescovo Georg Gaenswein. A mutare completamente il corso della storia pontificia e a demitizzare la figura papale è stata una data: l'11 febbraio 2013. Si deve a Giuliano Ferrara, dopo l'abdicazione di Joseph Ratzinger, la folgorante descrizione di un Pontefice controvoglia, quasi salito sul Soglio di Pietro suo malgrado. E' utile ricordarlo come si manifestò attraverso i mass media e poi, come nei racconti polizieschi, risaliamo all’indietro, fino alle difficili giornate successive alla morte di Giovanni Paolo II. L’11 febbraio 2013 la vaticanista dell’agenzia di stampa Ansa, Giovanna Chirri ascoltava nella sala stampa della Santa Sede l’intervento del Pontefice al concistoro dedicato ai martiri di Otranto. E fu come sentire un boato in una sala di lettura. Davanti ai cardinali, Benedetto XVI annunciò la decisione di lasciare il pontificato dal 28 febbraio e alle 11.46 il flash dell’Ansa fece il giro del pianeta in pochi secondi con la notizia, senza precedenti nell’era moderna, delle dimissioni del Papa. Prima della conferma ufficiale del Vaticano, i principali mass media mondiali (agenzia Reuters, Cnn, Al Arabiya, France Presse, Telegraph, Bbc, Sky News) rilanciarono la rinuncia al pontificato, un fatto storico mai più accaduto da sei secoli.
Nelle stesse ore il mondo dell'informazione religiosa e politica era principalmente occupata a scoprirte se il segretario di Stato, Tarcisio Bertone avrebbe incontrato l'ex premier Silvio Berlusconi alla cerimonia per l'annincersario dei Patti Lateranensi all'ambasciata italiana presso la Santa Sede. Io quel giorno, come tanti altri vaticanisti, inseguivo la cronaca e fui colto di soprpresa dalla Storia. Con un pugno di parole latine lette a voce bassissima, con un tono quasi spettrale e di difficile comprensione, comunicò la propria uscita di scena il rigoroso e inflessibile Papa teologo che in otto anni di pontificato non aveva avuto paura di puntare il dito contro la “dittatura del relativismo” e di proporre una fede ragionevole Concluse così il suo discorso: “Per quanto mi riguarda, anche in futuro, vorrò servire di tutto cuore, con una vita dedicata alla preghiera, la santa Chiesa di Dio”. Praticamente, voleva proseguire ciò che aveva fatto per tutta la vita. Gli acciacchi dell’età e le delusioni subite nel corso degli anni avevano prosciugato le energie del Papa che avvertiva di non sentire più dentro di sé la forza necessaria a fronteggiare nel modo giusto le prove che gli erano davanti nella conduzione sempre più gravosa della Chiesa. In dialogo con tutti, anche con i non credenti. Preoccupato di difendere i deboli, senza timore di togliere il velo dalla piaga della pedofilia e degli abusi commessi da ecclesiastici. Il 28 febbraio 2013 il Papa tedesco, che tante volte aveva alzato la voce a difesa della vita e della famiglia e contro il peccato interno alla Chiesa che definì durante il viaggio pastorale in Portogallo “la peggior persecuzione”, scese dal trono e si è ritirato in preghiera a “Mater Ecclesiae”, l’ex monastero nel cuore dei Giardini vaticani, sua residenza dal 2 maggio 2013.
Di fronte a un evento così clamoroso come l'abdicazione di un Pontefice, la reazione dei mass media e il riflesso pavloviano dell’opinione pubblica si orientarono spontaneamente a immaginare un Ratzinger fragile e incapace di andare fino in fondo, malgrado questa raffigurazione contraddicesse la sua autentica fibra di difensore della Verità. Una determinazione testimoniata fino al gesto più estremo e radicale: l’abbandono del pontificato. Furono immediatamente riproposti da giornali e televisioni, come presagi dell’abdicazione, interventi solenni di Joseph Ratzinger, quasi fossero segnali anticipati di un’attitudine a non portare a termine la propria missione.