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Il futuro del Paese riparte dalla famiglia

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Dopo mesi intensi in cui siamo stati bloccati dal lockdown imposto per contrastare la diffusione del coronavirus, l’Italia prova faticosamente a rimettere in moto il suo tessuto produttivo, economico e sociale. Anche nella fase 2, i nuovi poveri sono gli ammalati di Covid che nelle ultime settimane stanno diminuendo. Il virus è ancora presente nel nostro Paese, per questo l’attenzione sanitaria e sociale è concentrata su chi ha contratto il virus. Ci sono poi le famiglie che stanno sperimentando una fase importante di povertà sotto vari aspetti. Anche i ragazzi e i giovani sono in sofferenza a causa della mancata frequenza scolastica e, conseguentemente anche della vita sociale, manca l’attività diurna che aiutava nella formazione dei ragazzi. Le famiglie sono molto impegnate e sono sotto pressione, andrebbero aiutate di più. Non bisogna dimenticare i lavoratori e tutte le aziende che a causa della chiusura forzata, sono in grande difficoltà.

Non bisogna però guardare solo alle problematiche presenti nel nostro Paese. Paradossalmente, questa volta, siamo stati noi dall’Europa a “esportare” il Covid-19 in Africa. Qui i poveri non hanno possibilità di difendersi dal virus perché il sistema sanitario è molto carente, in alcuni posti inesistente. Basti pensare che in molti villaggi africani non si ha a disposizione l’acqua corrente, necessaria per una corretta igiene. Oltre ai rifiuti tossici, a volte portiamo al popolo africano anche malattie. Sarebbe necessario fornire loro medicinali, cibo, istruzione, lavoro.

Il governo italiano, in questi tre mesi di crisi unica, ha fatto un lavoro importante, anche assumendosi responsabilità scomode, come il lockdown, ha affrontato un’emergenza sanitaria incredibile. I decreti hanno aspetti positivi, hanno cercato di rafforzare l’economia e il sistema sanitario con l’assunzione di nuovi medici. Le famiglie, però, non sono state messe al centro, a loro sono state destinate le briciole. Non si capisce che il futuro del Paese deve ripartire dalla famiglia, che deve essere sostenuta perché deve generare vita, perché possa mantenere presso di sé gli anziani affinché non si ripetano mai più tragedie come quelle che si sono verificate nelle Rsa. E’ necessario un cambio di cultura, di prospettiva, non è possibile un’assistenza nelle grandi strutture. Il nostro fondatore, don Oreste Benzi diceva: “Dio ha creato la famiglia, l’uomo gli istituti”.

Il nostro sistema economico dovrebbe cambiare in modo da dare lavoro a tutti. Probabilmente dobbiamo lavorare di meno, c’è chi ne fa due o tre e chi non lo ha. Ci deve essere anche una redistribuzione equa del salario, non ci possono essere dei picchi, pensioni d’oro e stipendi da fame. E’ importante applicare una giustizia distributiva che tenga conto di tutto. Il fulcro è il lavoro, che dà dignità all’uomo.

Paolo Ramonda: