Stiamo assistendo all’inizio di un effetto domino. La Svezia ha introdotto, dopo oltre 50 anni, controlli sui viaggiatori provenienti dalla Danimarca, incluse le decine di migliaia di pendolari danesi. E Copenhagen, da parte sua, ha chiuso temporaneamente la frontiera con la Germania. Sono sei i Paesi europei dell’area Schengen che hanno reintrodotto i controlli alle frontiere, in deroga “temporanea” alla libera circolazione delle persone in seguito all’eccezionale flusso di profughi.
Non possiamo però certo definirla una decisione a sorpresa. Non solo perché già annunciata tempo fa proprio dalla Svezia, ma anche perché già dopo l’attacco di Parigi a novembre, i Paesi membri dell’Unione europea hanno deciso di rafforzare “immediatamente” i controlli su tutti i viaggiatori alle frontiere di Schengen.I ministri degli Interni dei Ventotto appoggiarono la richiesta della Francia di una revisione fondamentale del trattato, per consentire il controllo “sistematico” dei cittadini dell’Ue alle frontiere. Oltre a Svezia e Danimarca, analoghe decisioni sono state prese da Norvegia (che non fa parte dell’Unione ma dello spazio Schengen), Austria, Germania e Francia.
Ancora prima, il 29 maggio, il Parlamento europeo e il Consiglio hanno trovato un accordo sul nuovo pacchetto legislativo relativo a Schengen. La gestione dello spazio di libera circolazione ha ricevuto il via libera dopo un blocco durato un anno e mezzo a causa delle divergenze fra le due istituzioni: si autorizzavano gli Stati membri a reintrodurre dei controlli alle frontiere per un periodo massimo di due anni se si ritengono minacciati da un’ondata massiccia di immigrazione.
E già antecedentemente a questo periodo l’Europa era finita nel mirino degli stessi Stati membri, come quando alcuni hanno deciso in modo unilaterale di sospendere l’accordo. Per esempio la Francia e l’Italia nella primavera del 2011, citando la pressione di alcune migliaia di immigrati nordafricani. O la Danimarca nello stesso anno, per motivi elettorali.
Insomma, l’accordo di Schengen è pieno di crepe, ma ciò accade fondamentalmente perché ogni Paese prosegue la propria politica economica, manca il mutuo soccorso, non esistono confini da difendere insieme, non c’è politica comune. L’Europa sarà anche fatta, ma manca ancora molto per fare gli europei.