È di alcuni giorni fa la notizia che nel 2019 in tutto il mondo i decessi per aborto costituiscono la prima causa di morte. La presidenza della “Pro Vita & famiglia onlus” si è chiesta: se ci si è giustamente sdegnati per la violenza nei confronti di una elefantessa incinta uccisa in India, perché non si è sentita la stessa indignazione per gli oltre 42 milioni di bambini abortiti lo scorso anno per via chirurgica o farmacologica.
Papa Francesco ha preso più volte una chiara posizione in favore della promozione della vita umana dal concepimento alla morte naturale e ha condannato l’aborto con espressioni “politicamente scorrette”. Mentre in piena pandemia alcuni ritenevano l’aborto “essenziale” e “urgente”, il Papa l’11 aprile scorso durante la Veglia pasquale, ha esortato i fedeli a portare nelle proprie realtà “il canto della vita” e a mettere a “tacere le grida di morte”. “Si fermino – ha affermato – la produzione e il commercio delle armi, perché di pane e non di fucili abbiamo bisogno. Cessino gli aborti, che uccidono la vita innocente”.
L’accostamento tra l’aborto e la guerra ricorda quello che diceva santa Madre Teresa di Calcutta: “L’aborto è il più grande distruttore della pace”. Qualche giorno prima, intervistato dal giornalista Austen Ivereigh, Papa Francesco aveva nuovamente condannato l’aborto e l’eutanasia per ragioni eugenetiche, denunciando “l’ondata di neomalthusianismo che oggi vediamo nella selezione delle persone secondo la possibilità di produrre, di essere utili: la cultura dello scarto”. Il 25 maggio 2019 ai partecipanti al convegno sul tema “Yes to Life! il Papa ha detto che l’aborto è “un problema umano, “un problema pre-religioso”, che deve riguardare tutti. Francesco ha aggiunto: “L’aborto non è mai la risposta che le donne e le famiglie cercano. Piuttosto sono la paura della malattia e la solitudine a far esitare i genitori”. E ha invitato a “creare spazi, luoghi e ‘reti d’amore’ ai quali le coppie si possano rivolgere”.
Il 6 gennaio 2019 nel messaggio alla Pontificia Accademia per la Vita Francesco ha denunciato l’’aborto e la soppressione dei malati come mali gravissimi, che “ci fanno sprofondare nell’anti-cultura della morte”. Il 10 ottobre 2018, durante l’udienza generale nella catechesi sul quinto comandamento, papa Francesco ha detto “Interrompere una gravidanza è come fare fuori uno […] Fare fuori un essere umano è come affittare un sicario per risolvere un problema”. E nel giugno 2018 incontrando il Forum delle Famiglie il Papa ha affermato: “Il secolo scorso tutto il mondo era scandalizzato per quello che facevano i nazisti per curare la purezza della razza. Oggi facciamo lo stesso ma con i guanti bianchi: […] L’omicidio dei bambini. Per risolvere una vita tranquilla si fa fuori un innocente”.
Per un autentico umanesimo è importante per tutti promuovere la cultura della vita, sia che si tratti di salvare un bambino nel grembo materno o di un ammalato grave sia che si tratti di uomo o donna venduta da un trafficante. Non è ammissibile che, nonostante le diverse sensibilità, i cattolici si dividano in “cattolici della morale” e “cattolici del sociale”, pensando di farsi paladini della cultura della vita e dimenticarsi dei migranti e dei poveri o al contrario, di prendersi cura dei migranti e dei poveri per dimenticarsi del valore della vita. Bisogna resistere all’anestesia dell’umano, coltivando vivai di un nuovo umanesimo.
È stata importante in Italia l’esperienza venticinquennale dei “Centri di aiuto alla vita” che, attraverso il progetto “Gemma”, hanno sottratto circa 24.000 donne ai condizionamenti, che le avrebbero portate all’aborto e hanno dato loro con un sostegno economico e morale la gioia e la libertà di mettere al mondo una nuova creatura. Nella mia esperienza di prete e di vescovo sono state diverse le donne, italiane e straniere, che sono state aiutate, grazie all’opera di volontari, a portare a termine la gravidanza e ad essere accompagnate nei primi anni di vita dei loro figli. Proprio nei giorni scorsi l’Associazione “Salva Bebè. Salva Mamme”, ha consegnato dieci trolley contenenti aiuti per le neo mamme che si trovano in situazioni di difficoltà, ad alcune associazioni operanti a Monreale. Una di queste promuove in varie città l’iniziativa “Briciole di salute” per aiutare famiglie con bambini fino a tre anni.