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L’idea di Enrico Mattei per l’Africa

Ancora una volta assistiamo nuovamente al clichè dell’ultimo decennio relativo alle polemiche provocate dall’immigrazione di profughi e comunque di persone attratte dal benessere europeo provenienti prevalentemente dall’Africa. Da una parte le forze politiche contrarie alle immigrazioni che ripropongono i temi della insicurezza e disordine che si generebbero in assenza di un blocco navale in grado di fermare gli sbarchi; le altre, favorevoli, che li accusano di inciviltà, che oltre ad esprimere volontà di accoglienza, non muovono un dito a che la si possa raggiungere nella sicurezza e nell’interesse e dignità degli accolti. Salvo poi essere nella sostanza tutti d’accordo nel puntare il dito verso gli altri paesi europei, rei di abbandonare gli italiani a fronteggiare da soli gli approdi. Ovviamente, al netto della malafede, ci sono preoccupazioni fondate in tutti e due le posizioni, ma è imbarazzante che a nessuno venga in mente un approccio diverso rivolto agli anni futuri ed alla necessaria programmazione sul da farsi al più presto.

L’Europa è contigua allo scacchiere geopolitico assai problematico mediorentale ed africano, e l’Italia ne è la principale porta d’ingresso con il Medio Oriente endemicamente instabile, così come l’Africa destinata ad una progressione demografica di raddoppio: dagli attuali un miliardo e duecento milioni di persone, a più di due miliardi dei prossimi trenta anni. In un quadro cosi instabile e carico di incognite, ritenere di fronteggiare solo momentaneamente la vicenda è indice di inqualificabile miopia non degna dell’Italia e dell’Europa.

I blocchi navali per arginare la pressione migratoria sono una grossolana sottovalutazione della potenza di richiamo attrattivo per masse gigantesche di disperati. L’accoglienza generalizzata, ed in mancanza di programmazione nei rapporti con i governi e le comunità dei paesi di emigrazioni, un azzardo per la nostra coesione, la nostra esigenza insoddisfatta di manodopera professionalizzata che possano supplire al nostro grave tramonto demografico che oltre che mette a repentaglio le esigenze produttive e quelle dell’equilibrio finanziario del mantenimento di servizi alla persona e welfare.

Uno scenario affatto rassicurante che dovrebbe essere posto a uno dei primi fattori per la nostra sopravvivenza futura. Per questo mi sarei aspettato che durante la tempesta nel bicchiere che ci ha coinvolto con i nostri cugini d’Oltralpe, si aprisse un confronto che riguardasse certamente le rassicurazioni del farsi carico come europei degli sbarchi, ma soprattutto come aprire la fase inedita di un piano cooperativo tra l’Unione Europea e le istituzioni africane. Avendo ascoltato il presidente Meloni in Parlamento nel suo discorso per la fiducia di “piano Mattei per l’Africa”, nel brusco confronto con il Presidente francese Macron, davo per scontato che approfittasse della circostanza per proporre alle autorità europee l’apertura di una stagione nuova e lungimirante con i nostri vicini africani, come fece Mattei rendendo forte l’Eni, ma anche alcuni paesi africani con cui sviluppo anche grandi progetti di investimento. Infatti in quell’epoca Mattei offrì condizioni remunerative di acquisto per il loro petrolio, molto più alti di quelli praticati dalle altre compagnie petrolifere occidentali, che ancora erano aggrappati al retaggio del loro potere coloniale.

Riprendere oggi come Europa le redini del rapporto con gli stati africani, sia sui piani di investimento delle ricerche delle materie prime, come sugli investimenti delle produzioni industriali e dei servizi e della cooperazione nella cultura e nella formazione, non può che diventare la prima operazione di forte soggettualità del Vecchio Continente. E poi avvalendosi del vasto reticolo in quel continente di missioni religiose e di volontariato in generale, si potranno sostenere piani per la formazione ai mestieri  ed ai rudimenti della cultura e lingua dei paesi di accoglienza per chi intende emigrare, in raccordo con le imprese interessate. Attualmente l’Africa è soggiogata da interessi predatori dei residui del colonialismo, come dei nuovi arrivati cinesi e russi, e sovente anche da bande armate che opprimono le popolazioni in una condizione di perenne illegalità. Un nuovo cammino cooperativo non può allora che porre le premesse di ordine e sviluppo reciproco. Questo dunque deve essere l’agenda degli italiani e degli europei, che avrà bisogno di fatica ed intelligenza prospettica. Se il presidente del Consiglio giorni fa ci ha ricordato il pensiero e l’opera di Mattei, penso che avesse in mente queste elementari verità per organizzare la politica estera, economica, delle aziende a capitale pubblico, delle istituzioni della istruzione e formazione, per un progetto innovativo con i paesi del nord Africa. Se è cosi apra una fase nuova che tolga subito spazio agli untori del razzismo, per dare coraggio all’Italia positiva che vuole uscire dal pantano della paura e dalla solidarietà pelosa.

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