La fine del 2016, così difficile da vivere per tanti italiani, è finalmente arrivata, ma le attuali criticità ci spingono ad essere cauti con gli entusiasmi verso un 2017 tutto da monitorare con lecite riserve. Un grande segno però, a onor del vero, c’è stato donato proprio verso la conclusione e mi riferisco al referendum del 4 dicembre scorso che ha significato per molti italiani un ritorno ad un certo protagonismo politico. Con la fine del governo Renzi, il nuovo premier e il rimpasto delle cariche ai ministeri è emerso comunque quanto sia ancora difficile poter superare certe visioni di potere. Purtroppo un voto referendario, anche se tradottosi di fatto in qualcosa di più, non è bastato e con quello che somiglia molto a un Renzi bis tutto è rimasto uguale. Le risposte comunque ricevute dopo la vittoria del no, sono state estremamente interessanti e in termini politici hanno smascherato, per i più increduli, gravità inaccettabili. Una è stata sicuramente quella del nuovo ministro dell’Istruzione, da molti percepito come una dimostrazione punitiva nei confronti di coloro che con la vittoria del no hanno tentato di alzare la testa contro una politica che di fatto sta devastando le due P, Persona e Paese.
Ma qual è il clima attuale? Tutto procede per il meglio? Quale idea dell’Italia dopo l’ultimo governo? Le reazioni, per fare un esempio, all’ultima Assemblea del Parlamento Europeo sul tema profughi, mentre relazionava il nostro nuovo Premier, la dicono lunga sull’attuale considerazione che diversi Paesi nutrono per l’ Italia; ormai anche in politica estera non possiamo presentarci più come politicanti o attori di parti che non siamo in grado di mettere in scena. Occorre dunque una classe politica che sappia costruire e scrivere un nuovo copione tratto dalla realtà italiana, una sceneggiatura che descriva temi sul reale bisogno sociale e ricercare attori, autentici portavoce di innovazione, a partire dalle vere esigenze delle persone. Abbiamo ceduto per troppo tempo alle lusinghe di un europeismo che ci ha condotto, invece che in un porto sicuro, in pieno mare in tempesta. Ogni realtà toccata dalle parole “innovazione e adeguamento” nascondeva in pratica decrescita valoriale, economica, annullamento del patrimonio culturale, azzeramento del Made in Italy famoso in tutto il mondo. Ma la cosa più evidente è che di fronte a tanto imbarbarimento nessuno è riuscito mai a dire basta. Non sarà facile rimediare a simili disastri , come non potremo ridare la vita a quanti negli ultimi anni, in modo particolare nel 2016, si sono suicidati per i debiti e il vissuto di solitudine che si è abbattuto nella loro vita, ma è tempo di cominciare a lavorare e di uscire da questa tormentata e triste analisi della situazione italiana. Non senza aver ben chiari alcuni presupposti.
Prima di tutto occorre rientrare nella realtà e considerare il fatto che il popolo italiano, pur avendo espresso la propria sovranità con l’ultimo voto, è ancora lontano dall’aver riconquistato il primato sui giochi di Palazzo. Secondo, sarà ancora lontana e complessa l’organizzazione di un movimento politico dei cattolici, capace di riportare l’Italia tra i Paesi che culturalmente ed economicamente contano in Europa e nel mondo, se, da autentici credenti, non sentiranno nel cuore che solo loro potranno farlo. Terzo è arrivato il momento di affrontare questo tempo anche come una battaglia spirituale. Sì, perché quello che stiamo vivendo ha dell’incredibile. Non parlare di questo di fronte a tanto malessere generalizzato significa non essere autentici uomini di fede. Il male c’è e gli abbiamo dato troppo spazio d’azione, con i risultati che vediamo tutti. Ma con occhi nuovi, mente e cuore purificati, potremo raggiungere quello che oggi sembra impossibile ottenere.
Abbiamo una sana e forte Costituzione da mettere in atto nella sua totalità, abbiamo un patrimonio culturale, la Dottrina sociale della Chiesa, purtroppo sconosciuto ai più, che declinato alla realtà del nostro Paese costituisce di per sé già un programma politico aperto anche alle esigenze del mercato globale. Tutto è pronto, sarebbe pronto, ma senza una volontà comune, senza uno spirito di Fortezza, di Sapienza e di Consiglio, difficilmente potremo compiere prodigi. Perché di fronte a tanto potere relativista solo un coraggioso sogno comune, dettato dalla volontà di uscire da un individualismo che uccide, potrà riportare questo Paese fuori da un sempre più imbarazzante scenario di mediocrità.
Abbiamo tutto ma non abbiamo la coscienza di essere credenti chiamati ad evangelizzare la politica, che non vuol dire clericalizzare lo Stato, le persone, ma riportare quei valori universali del bene che tutti ricerchiamo e rivogliamo nella nostra Italia. I cattolici che sentono forte l’esigenza di risanare questo Paese sanno anche che la battaglia non sarà facile. Occorrerà fare i conti con protagonismi della vecchia guardia, con certi poteri che non intendono mollare facilmente le poltrone. Ma come rimanere solo spettatori? E’ come se davanti a noi qualcuno stesse affogando e noi semplicemente rimanessimo a guardare. Direbbe don Tonino Bello: “Diamoci da fare, ci sono molte forme di impegno oggi (che possono essere armonizzate e condivise in un progetto di azione comune). Diamo ascolto alle grandi utopie del Vangelo, sporchiamoci le mani, diventiamo operatori di pace, non rimaniamo solo i notai di quel che accade nel mondo, non solo i recettori inutili di tutto quello che avviene, diventiamo protagonisti a costo della pelle, a costo della vita, spendiamoci per questi ideali che ne vale la pena”.
Un messaggio che commuove e nello stesso tempo esorta a non rimanere più fermi. Non si può! Insieme sarà il cammino, insieme sarà la riuscita di un movimento che rappresenterà la intelligente comunione di realtà diverse perché tanti sono i carismi. Ripeto allora, perché non vivere la politica come spazio e processo di nuova evangelizzazione? Che non significa tornare a rivivere nostalgiche visioni della prima repubblica ma voler ricentrare l’ideale, lo stile, i valori, le radici cristiane che appartengono al nostro Paese e che sono state svendute in cambio di adattamenti sociali imposti sotto velati condizionamenti che ora sono denunciati a caro prezzo. Un 2017 allora tutto da vivere, tutto da inventare e costruire insieme tra le forze sociali che hanno sempre offerto il proprio lavoro per il bene del Paese. Un 2017 tutto da immaginare e sognare, comunque sia, tutto da condividere in un progetto per servire quell’Italia che amiamo in tanti e che non vogliamo più veder soffrire.