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Guerra in Ucraina e pandemia: il disagio che tocca i nostri giovani

E’ perfino banale dire che viviamo tempi difficili, ma questa difficoltà diventa drammaticamente evidente se guardiamo ai nostri adolescenti. Lo dicono loro stessi: siamo stati chiusi per due anni per colpa del virus, e ora una guerra per noi incomprensibile, che ci rende ancora più fragili e impauriti…

Il disagio che tocca i nostri ragazzi – tutti, e non solo le minoranze violente di cui spesso parlano i giornali! – deve essere riconosciuto dagli adulti come una invocazione di vicinanza e una richiesta di accompagnamento. Perché c’è un percorso di umanizzazione scritto nel cuore di ogni ragazzo, anche se non ci pensa o non lo sa: dal branco, al gruppo, al riconoscimento grato della propria unicità. Ma è un percorso impossibile quando non si ha “qualcuno a cui guardare” (Epicoco); o – ed è anche peggio! – quando l’adulto è capace solo di paternalismo e di moralismo, di controllo e mai di contatto… E’ proprio vero quanto afferma Winnicott sul bambino e sull’adolescente in relazione alle figure di riferimento: “E’ una gioia nascondersi, ma è un disastro non essere trovati!”.

Ma c’è una domanda che abita il cuore di ogni educatore consapevole. La formulerei così: quali cambiamenti chiede la pandemia al nostro lavoro educativo? Perché davvero sarebbe folle pensare che finita l’emergenza sanitaria tutto tornerà come prima, e fa bene Francesco a dirci spesso che peggio della pandemia ci sarebbe soltanto lo sprecare l’opportunità di cambiamento che questo tempo porta dentro di sé!

La pandemia, peraltro, è arrivata nel pieno della rivoluzione digitale, che già prima del virus chiedeva a tutti di vivere in modo nuovo il tempo e lo spazio, le due coordinate che, dall’invenzione della ruota in poi, hanno segnato e segnano tutti i cambiamenti d’epoca. Rivoluzione digitale e pandemia chiedono agli educatori (e anche alla Chiesa!) di ri-trovare un intreccio, umanamente sostenibile, tra il tempo e lo spazio. Perché è in atto una “riconfigurazione della geografia della vita sociale, sganciando l’esperienza dal luogo, riscrivendo i luoghi della vicinanza e della lontananza, rendendo pubblico il privato” (Giaccardi).

Come non tener conto di tutto questo nel lavoro pastorale? Sarebbe davvero un lavorare a vuoto! Questo tempo chiede il coraggio di sperimentare, accettando il rischio del cambiamento. Provo a esemplificare, senza nessuna pretesa di completezza.

Quanto allo spazio: non sarebbe l’ora di far catechismo anche fuori delle aule parrocchiali (e, ancor prima, di non chiamarle più aule!), ritrovando l’aperto, dopo le tante chiusure di cui siamo stati vittime? Anche per riscoprire il dono che è la creazione e, contemplandone la bellezza, riconoscere il Creatore…

Il virus e il digitale ci chiedono poi di ripensare cos’è distanza e cos’è vicinanza, e ci possono aiutare a capire che davvero siano “Fratelli tutti”, sulla stessa barca…Ma dovremo anche ritrovare il valore e la bellezza dei corpi, e servirci, anche nella preghiera, di tutti i cinque sensi…

Quanto poi al fattore tempo, Francesco ci è maestro: “Il tempo è superiore allo spazio… Dare priorità al tempo significa occuparsi di iniziare processi più che di possedere spazi. Il tempo ordina gli spazi, li illumina e li trasforma in anelli di una catena in costante crescita, senza retromarce” (EG, n. 223). Non è proprio questo il lavoro educativo? E quanto ha ragione Francesco nel lamentare che troppi operatori pastorali cadono in una stanchezza spirituale che li “porta a prestare maggiore attenzione all’organizzazione che alle persone, così che li entusiasma più la “tabella di marcia” che la marcia stessa” (EG n. 82)!

Ritrovare il primato della relazione. E’ questa la sfida che questo tempo ci consegna. Ed è per questo che sono contento di accompagnare gli adolescenti della mia Diocesi di Savona all’incontro del Papa con tutti gli adolescenti italiani, il 18 aprile, a Roma. Per stare con loro, e per essere con loro discepolo di Gesù, accogliendo il suo invito: “Seguimi!”. Ci possono ispirare, ancora una volta, le parole della Evangelii Gaudium: “Oggi, quando le reti e gli strumenti della comunicazione hanno raggiunto sviluppi inauditi, sentiamo la sfida di scoprire e trasmettere la “mistica” di vivere insieme, di mescolarci, di incontrarci, di prenderci in braccio, di appoggiarci, di partecipare a questa marea un po’ caotica che può trasformarsi in una vera esperienza di fraternità, in una carovana solidale, in un santo pellegrinaggio” (n. 87).

mons. Calogero Marino: