Il Magistero pontificio contro la guerra si fonda sull’enciclica “Pacem in Terris” di San Giovanni XXIII, voce profetica del mondo contemporaneo. Papa Francesco testimonia e offre continuità allo stesso richiamo a una fede autentica, da incarnare. Capace di toccare il vissuto degli “scartati” della terra, degli “invisibili” dell’economia. Ponendosi così in controtendenza rispetto a quella che lui stesso denomina la “terza guerra mondiale a pezzi“. Nel volo di ritorno dal viaggio apostolico in Corea, rispondendo ad un giornalista giapponese, Jorge Mario Bergoglio ha detto: «E oggi noi siamo in un mondo in guerra, dapperetutto! Qualcuno mi diceva: ‘Lei sa, Padre, che siamo nella terza guerra mondiale, ma ‘a pezzi’? Ha capito? È un mondo in guerra, dove si compiono queste crudeltà”. Il mondo, secondo Francesco, è attraversato da un crescente numero di conflitti che lentamente rischiano di sfociare in un vero e proprio conflitto globale. In particolare il Papa chiede che la popolazione palestinese riceva gli aiuti umanitari e che gli ospedali, le scuole e i luoghi di culto abbiano tutta la protezione necessaria.
Esorta Jorge Mario Bergoglio: “La comunità internazionale percorra con determinazione la soluzione di due Stati, uno israeliano e uno palestinese. Come pure di uno statuto speciale internazionalmente garantito per la Città di Gerusalemme. Affinché israeliani e palestinesi possano finalmente vivere in pace e sicurezza”. Nella “guerra su larga scala della Federazione Russa contro l’Ucraina”, la pace non è ancora riuscita a “trovare posto nelle menti e nei cuori, nonostante le numerosissime vittime e l’enorme distruzione“. Avverte il Papa: “Non si può lasciare protrarre un conflitto che va incancrenendosi sempre di più. A detrimento di milioni di persone. Occorre che si ponga fine alla tragedia in atto attraverso il negoziato, nel rispetto del diritto internazionale”. Le vittime civili non sono “danni collaterali”. Anche quando si tratta di esercitare il diritto alla legittima difesa, “è indispensabile attenersi a un uso proporzionato della forza“.
“Le guerre possono proseguire grazie all’enorme disponibilità di armi“, ripete incessantemente il Pontefice spronando a “perseguire una politica di disarmo”. Il Magistero di pace richiama l’attenzione sull’immoralità di fabbricare e detenere armi nucleari. La proposta di Francesco è quella di istituire un Fondo mondiale per eliminare la fame e per promuovere uno sviluppo sostenibile del pianeta. Intanto il Mediterraneo “è diventato nell’ultimo decennio un grande cimitero”. Ed è anch’essa una conseguenza dei conflitti. “Tra le tante vittime ci sono molti minori non accompagnati– ha detto il Pontefice ai diplomatici accreditati in Vaticano-. Il Mediterraneo non dovrebbe essere una tomba, ma un laboratorio di pace”. Quella pace che è inoltre minacciata dalla persecuzione dei cristiani nel mondo (oltre 360 milioni). E dall’aumento degli atti di antisemitismo, “piaga che va sradicata dalla società”. La pace può essere messa in pericolo anche dalle fake news. O da un uso improprio dell’intelligenza artificiale, che come ogni tecnologia deve mantenersi “al servizio dell’uomo”. Il cui apporto non può né potrà mai essere “rimpiazzato da un algoritmo o da una macchina”.
L’imminente Giubileo può essere per tutti – cristiani e non – il tempo “in cui spezzare le spade e farne aratri“. Ossia l’occasione in cui “una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione. Né si imparerà più l’arte della guerra”. La Chiesa offre la propria testimonianza di fraternità all’umanità in conflitto. Dal Concilio Vaticano II, a livello pastorale ed ecclesiologico, la Chiesa si pone come fattore di comunione nella diversità. Quale popolo di Dio in cui diversi carismi e ministri concorrono all’edificazione corresponsabile del regno di Dio. Roma presiede a tutte le Chiese nell’amore. E a tutti gli uomini e le donne di buona volontà papa Francesco testimonia il Vangelo della misericordia e della condivisione.