Il tragico epilogo del braccio di ferro fra la Russia e la Nato, ha fatto arrivare nelle nostre case il conflitto, costringendoci a vedere ciò che non volevamo vedere e mettendo in secondo piano la tragedia sanitaria che da oltre due anni ci accompagna ogni giorno. Sappiamo bene che non ci troviamo di fronte ad un conflitto “locale”, ma ad un conflitto mondiale, fra superpotenze e grandi interessi economici, un vero e proprio braccio di ferro, di cui l’Ucraina è vittima sacrificale. Di questa guerra vogliamo essere protagonisti, con un impegno su ogni fronte possibile e, soprattutto, essere d’aiuto a tutti coloro che stanno perdendo tutto e sono costretti a fuggire dalla loro casa e dalla loro terra.
Milioni di profughi ucraini stanno invadendo i paesi limitrofi e tanti di loro arriveranno anche in Italia e negli altri paesi occidentali in cui la presenza di loro connazionali è già molto forte. Abbiamo voglia di accoglierli, di abbracciarli, di condividere le loro pene: persino la politica mondiale, europea, italiana si mobilita, diventa improvvisamente solidale. Persino la parte meno europeista non può non concordare sull’accoglienza dei profughi provenienti dall’Ucraina. Si potrebbe dire che sia una solidarietà obbligata, forse anche sofferta, perché apre uno squarcio sulla mancanza di solidarietà per gli 80 milioni di persone che, come profughi, lasciano la loro casa e la loro terra in ogni parte del mondo in cui non sia più possibile vivere.
Le ragioni per cui fuggono sono le stesse: gli interessi economici e le politiche che li tutelano rendono impossibile la vita delle persone nei luoghi in cui sono nate, creano uno stato di tensione permanente e di povertà che non permette più una vita dignitosa, armano le fazioni per tenere sempre aperto il conflitto.
Recentemente, la stessa Europa solidale ha alzato muri per evitare l’accesso dei profughi, lasciando uomini, donne e bambini al gelo dei confini o in campi profughi invivibili. La domanda, allora, sorge spontanea: perché la guerra della porta accanto ci impone di essere solidali, mentre tutte le altre guerre e tutte le altre distruzioni ci lasciano indifferenti?
La cosa più sconcertante che ho ascoltato durante l’inutile dibattito sulla guerra in Ucraina della politica italiana è che “ci sono profughi che scappano da guerre vere ed altri che scappano da guerre finte”, mi aiutate a capire chi sono i primi e chi i secondi? C’è per caso qualcuno di noi che farebbe questo per puro diletto o per interesse? Dietro ad ogni profugo c’è la storia di una persona in un Paese del mondo che urla il dolore, la rabbia, la delusione, la sconfitta dell’umanità.
Se le superpotenze facessero ammenda di tutti i loro errori e consentissero ad ogni essere umano di vivere serenamente e dignitosamente nella propria casa e nella propria terra, verrebbe istantaneamente meno la ragione di ogni conflitto. Sia chiaro – ma certamente lo è – che la stragrande maggioranza degli esseri umani sulla terra vuole la pace, ma è costretta ad “entrare” in guerra per salvarsi la vita e per consentire un futuro ai figli e ai figli dei figli.
Ha detto Mauro Magatti in un suo editoriale, che “Occorre un salto di piano… Veniamo da trent’anni in cui l’ordine liberale globale non ha avuto alternative. Questa stagione ha portato prosperità in tanti Paesi, ma ha lasciato anche molte scorie…l’Occidente è stato semplicistico nel pensare che l’economia e la tecnologia sarebbero bastate per unificare l’intero pianeta”. Per portare Pace sulla Terra, è necessario “cambiare lo sguardo” e garantire libertà e diritti in ogni parte del mondo. Non si può imporre la legge del più forte e armare i popoli per garantire l’ordine, perché questa è la base solida di un conflitto permanente, che rischia di diventare – ed in parte lo è – devastante. “E bisogna cominciare a gettare le basi – continua Mauro Magatti – di un nuovo ordine globale, che riconosca il valore delle diverse culture presenti nel mondo, nel quadro di vincoli e interessi comuni (a cominciare dalle materie prime, dall’energia, dalla salute, dalla sostenibilità, dalla libertà religiosa)”.
Perché coloro che oggi migrano per necessità, essendo accolti come persone, si stringano in un abbraccio con coloro che li accolgono e sentano di avere un futuro per loro e per i loro cari, che spesso sono costretti a lasciare in territori inospitali e invivibili. Generiamo nuove comunità degli esseri umani, nuove gerarchie che pongano al centro i valori solidali e limitino il potere economico e politico che oggi si impongono. Volere la Pace significa sentirsi fratello e sorella di ogni altro essere umano, non consente distinzioni di sesso, razza o religione, pretende un’assenza di conflittualità nelle relazioni interpersonali.