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La guerra non è mai inevitabile: la testimonianza di don Sturzo

Foto di Gerd Altmann da Pixabay

La riflessione di don Luigi Sturzo sul tema della guerra parte da un interrogativo: “Se possa darsi una coscienza generale che accetti o propugni la proscrizione della guerra come un crimine per tutti i paesi e se tale coscienza si possa concretizzare in una organizzazione internazionale che la escludesse dagli istituti giuridici riconosciuti in modo tale da garantirsi dai casi criminosi che potessero accadere”. Coloro che non credono ciò possa avvenire portano argomenti di carattere storico e politico che Sturzo illustra e cerca di confutare.

Il primo di carattere storico poggia sull’idea che la storia abbia dimostrato l’impossibilità del superamento dell’istituto della guerra. Sturzo risponde che l’avvenire non appartiene alla storia. Se è stato così fino adesso, non è detto che lo debba essere anche in futuro. Egli ritenne che il diritto di guerra può essere superato come sono stati superati istituti giuridici come la schiavitù, la poligamia, il duello, la pena di morte. L’argomento di carattere politico parte dalla convinzione che la comunità internazionale possa fare a meno del diritto di guerra soltanto se esiste un’autorità sovranazionale in grado di esercitare un potere coercitivo. Tuttavia se tale autorità non fosse particolarmente forte, sarebbe destinata a fallire come avvenne durante il medioevo per il papato e l’impero e nel secolo XX per la Società delle Nazioni. Se al contrario fosse dotata della necessaria forza, si tradurrebbe in una dominazione egemonica impossibile da tollerare per gli stati, che inevitabilmente le si rivolterebbero contro e la annienterebbero. La conclusione è che la guerra non può essere eliminata.

In realtà, secondo Sturzo, questo argomento non porta necessariamente a queste conclusioni, bensì alla affermazione che dalla comunità internazionale, come da ogni comunità sociale, non è possibile togliere quei momenti di lotta sociale in quanto la lotta è un fenomeno perenne della società, come sostenne il giovane Sturzo all’inizio del secolo nel saggio: “La lotta sociale legge di progresso”. Nel fondatore del PPI c’è la convinzione che gli scontri sociali, ivi compresi quelli fra stati, possano consumarsi senza il ricorso alle armi attraverso altre strade dettate dal diritto. Egli ripensò al senso della guerra non come fatalità inevitabile, ma come frutto di una precisa volontà umana e alla improponibilità della guerra giusta nel XX secolo e alle strade obbligate per costruire la pace attraverso la creazione e lo sviluppo di organizzazioni internazionali come la Società delle Nazioni.

Scrive Sturzo: “La guerra non è fatale, non è necessaria, non è giusta ma è volontaria e la responsabilità ricade sugli uomini che “la promuovono o vi contribuiscono”. L’elemento principale che scatena una guerra non è la necessità, ma la volontarietà; questo è un punto sul quale Sturzo preme con insistenza». Per don Sturzo se uno Stato “veramente non volesse la guerra, troverebbe nella presente organizzazione statale i mezzi adeguati a risolvere pacificamente ogni vertenza. Esiste per noi una volontarietà sociale come organizzazione atta alla guerra, una volontarietà individuale come decisione, una volontarietà politica come preparazione e una volontarietà morale come attuazione”. Da questo ripudio della guerra deduce l’urgenza di individuare strumenti di soluzione dei conflitti diversi dal conflitto armato. Don Sturzo riconosce che “la vita politica contiene in sé elementi di lotta sociale, ma questa lotta non eliminabile non deve necessariamente portare alla violenza e alla guerra, in quanto occorre “superare completamente il dualismo antagonistico di ragione e forza con una sintesi attraverso la razionalizzazione della stessa forza”: “il punto fondamentale deve essere che alla forza materiale delle armi venga sostituita la forza morale del diritto. La teoria della eliminabilità della guerra non deve portare solo il negare l’inevitabilità del conflitto, bensì deve attuare “l’idea morale di una solidarietà pacifica dei popoli, già inizialmente concretizzata nella Società delle Nazioni, nelle diverse unioni di stati, nella serie di patti e negli sforzi pratici per l’abolizione della guerra”.

Nell’aprile del 1938 sul giornale inglese Tablet don Sturzo scrisse “io non sono mai stato e non sono un pacifista nel senso corrente. Io sono per l’eliminazione della guerra dai mezzi legittimi di tutela del diritto, perché vi sono altri mezzi di tutela del diritto, come la comunità delle nazioni, l’arbitrato e il disarmo. In ciò sono in ottima compagnia con Benedetto XV”. Don Sturzo non si affida a concezioni pacifiste, ma ventila l’opportunità di costituire aggregazioni federative regionali a livello continentale. idonee a rafforzare l’organizzazione internazionale a cominciare dall’Europa” rifare l’unità europea su basi di giustizia e di pace, con un’organizzazione forte e permanente. Quindi il superamento della guerra è basato non soltanto su motivi ideali o religiosi, ma su un sistema internazionale affidato alla guida di una organizzazione internazionale a carattere universale. Questo porta al superamento del nazionalismo. Per mantenere l’ordine mondiale è necessaria un’organizzazione internazionale della forza armata con scopi esclusivamente di polizia. Il disarmo non può essere in realtà che una riduzione degli armamenti e non la loro completa abolizione. E’ soprattutto necessario un orientamento psicologico dei popoli e degli stati verso un sistema internazionale che elimini la guerra, come un atto di fede nella pace, e come un mezzo necessario per l’evoluzione della comunità internazionale. La riduzione degli armamenti non è il disarmo universale.

mons. Michele Pennisi: