In questi giorni ricorre il sedicesimo anniversario della salita in cielo del Servo di Dio don Oreste Benzi. Stare con don Oreste, trascorrere insieme intere giornate, condividere per anni ogni momento è stata un esperienza di vita e di fede indimenticabile e irripetibile.
Non scorderò mai quel primo incontro al palazzetto dello sport di Fabriano, ascoltare questo sacerdote che mi appariva come era: un gigante, in tutti i sensi. Dopo anni di studio accademico presso le facoltà di filosofia, teologia e antropologia ascoltavo per la prima volta un Uomo di Dio che aveva la capacità di trasmetterti un messaggio profondissimo sulla vita di Gesù in un modo semplice e così ben applicabile alla realtà odierna. Ricordo ancora oggi, dopo così tanti anni, il mio grande stupore: prima di quel momento mi era capitato solo altre due volte. La prima all’Universita La Sapienza di Roma dove Madre Teresa di Calcutta parlava dell’Adorazione Eucaristica in una aula magna gremita e in un silenzio perfetto dinanzi a migliaia di giovani studenti. L’altra fu il mio incontro con Giovanni Paolo II quando svolsi il mio servizio da diacono nella Santa Notte di Natale, occasione in cui il Papa Santo si fermò a dirmi delle cose che custodisco devotamente nel mio cuore. In comune queste tre persone hanno la santità e lo speciale stato di grazia che emanava da loro.
Con don Oreste poi ho respirato anche il suo debole per i frullati di aglio e di cipolla che la sorella Peppina gli preparava amabilmente tutte le mattine come un “antibiotico naturale”. Non mi capacitavo mai come potesse all’alba di ogni giorno ingerire quella bevanda così forte ma poi mi ero abituato e soprattutto costatavo che realmente gli faceva bene non avendolo visto quasi mai influenzato in modo pesante. Con Don Oreste c’era sempre da sorprendersi, anche per le piccole cose come quando (ritornando sul tema dell’aglio) a Roma prima di andare a depositare una proposta di legge per combattere la prostituzione coatta, fermandoci al noto bar Giolitti, chiese un cornetto alla marmellata “e possibilmente se mi può mettere all’interno un po’ di aglio”. Mentre io non riuscivo a smettere di ridere vedevo la faccia del cameriere basita e sconvolta ma poi con grande contegno gli rispose che sarebbe andato in cucina a vedere se avevano l’aglio; e così anche al Giolitti di Roma don Oreste fu accontentato.
Lui sapeva vivere con naturalezza ogni piccola cosa, anzi riusciva a renderla preziosa a partire da quell’umanità più debole, più fragile che incontrava. Non poteva fare a meno di amarla più intensamente. Nonostante don Oreste fosse immerso nei problemi e nelle tante, grandi tribolazioni delle persone che accoglieva e sosteneva concretamente nelle sue Case Famiglia in Italia e poi nel mondo, non spegneva mai il suo sorrisone e la sua voglia di trasmettere speranza e gioia. Quando doveva affrontare problematiche importanti diventava un guerriero e specialmente nei contesti mediatici mostrava la sua forza nel dire ciò in cui credeva, nel denunciare le ingiustizie senza preoccuparsi di chi avesse davanti. Il Servo di Dio era veramente un uomo libero e ci teneva tanto a questa libertà e cioè a non legarsi a nessun partito, a nessun politico, e neanche a nessuna cordata religiosa e ideologica. Don Oreste aveva chiara e ben scolpita nel suo cuore la propria identità e il proprio carisma e così sapeva incontrare chiunque e instaurare anche rapporti di grande stima e fiducia restando però sempre “distaccato” e cioè non influenzabile in quelle che lui definiva “le rimozioni contro l’ingiustizia”.
Ricordo sempre questo suo modo di approcciarsi anche con i “potenti” che aveva dinanzi. Se, ad esempio, stavano proponendo provvedimenti legislativi a svantaggio dei più fragili, lui non calibrava e né risparmiava la denuncia di quella che lui riteneva un’ingiustizia insopportabile. L’amore per il prossimo fuso all’amore che nutriva per Gesù e anche per la Vergine Maria, lo faceva essere una colonna della Chiesa ben salda, credibile e insostituibile. Alla fine, tutti, compresi i suoi cosiddetti nemici, lo apprezzavano e ammiravano almeno per la sua coerenza. Anche dentro la Chiesa non fu sempre accolta la sua linea di pensiero perché era di rottura con tutto ciò che portava stagnazione e ipocrisia. Era avanti, a volte troppo, e così non sempre le strutture ecclesiastiche riuscivano a stargli dietro. A don Benzi piaceva vedere l’umanità in rivoluzione al fine di trovare le vie per liberare l’oppresso e far vincere l’Amore, e per questo aveva il coraggio di osare. La sua grande umiltà a volte lo portava invece a frenarsi nel suo ruolo da protagonista. Non ritenendosi così importante non si faceva avanti ma poi eravamo noi e cioè chi lo circondava a spingerlo, ad emergere di più credendo che la società avesse bisogno di ascoltare questo santo profeta di Dio che mai si faceva negare da qualcuno e mai si tirava indietro.
Avrei da raccontare così tante cose, episodi, emozioni e avventure e chissà se un giorno riuscirò forse a contenerle in qualche testo. Per il momento vorrei concludere questo pensiero su un altro aspetto che ha segnato il mio stare con don Oreste: quando veniva chiamato ad aiutare un sacerdote, un consacrato in difficoltà, in crisi o caduto in qualche trappola, lui lasciava qualunque altro impegno per dedicare tutto il tempo di cui quel consacrato aveva bisogno al fine di riabilitarsi, e poi continuava a seguirlo anche a distanza come fa un padre con il proprio figlio e fratello di sangue. Forse per questo ho sempre pensato che mi avrà tenuto così vicino, fin dal primo giorno del mio sacerdozio per custodirmi. Facendomi così restare aggrappato alle sue spalle. Abbiamo vissuto così tanto insieme e abbiamo anche sofferto specialmente per il male più inaudito compreso quello gratuito. Affiancare una personalità così ispirata e vulcanica non poteva non pormi anche nel cono d’ombra dell’invidia e del malanimo, ma, le prove e le delusioni hanno contribuito a rafforzare quella personalità e vocazione che lui ha plasmato e indirizzato verso il bene: perché come ripeteva la Scolastica: “ex malo bonum”. Proprio lui anche dinanzi alle avversità rispondeva sempre: “tutto è Grazia”. Sicuramente per me la sua presenza, amicizia e paternità sono state la Grazia più grande nella vita.