I recenti eventi in varie piazze di Italia, dai cortei ai sit-in alle folle più o meno vergognose, obbligano ad una riflessione più ampia e soprattutto in questo tempo segnato dalle conseguenze della pandemia. Manifestare liberamente il proprio pensiero è un diritto costituzionale e ancor prima un diritto dell’uomo che concorre, assieme a tutti gli altri diritti proclamati nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 ad uno sviluppo pienamente umano.
Accanto a questo, come una sorta di suo corollario, è previsto il diritto dei cittadini di riunirsi pacificamente senza armi e manifestare, proclamato dall’art. 17 Cost che offre all’uomo nella qualità di membro di una comunità e a vantaggio della stessa e dei suoi valori l’opportunità di mobilitazione attiva. Tuttavia, non dobbiamo mai scordare che al pari di ogni altro diritto di libertà, come del resto l’esternazione del proprio pensiero anche quest’ultimo implica costituzionalmente la previsione di limiti e condizioni che lo disciplinino affinché il suo esercizio non sia socialmente dannoso e pericoloso verso la collettività. Come è noto, l’art. 17 Cost. prescrive che le riunioni si svolgano pacificamente e senz’armi e prevede che siano soggette a preavviso e a procedure autorizzative delle autorità ove si tengano in luogo pubblico.
La Carta Fondamentale, in tal senso, contribuisce a tracciare con chiarezza i confini entro cui la personalità dell’individuo possa liberamente esplicarsi mediante l’esercizio delle sue posizione di libertà. Se infatti, ciascuno ha diritto di scendere in piazza per manifestare liberamente la propria opinione, la propria solidarietà ovvero il proprio dissenso in ordine a specifici accadimenti ovvero, con riferimento a ideologie o condotte di vita, nello stesso tempo è essenziale salvaguardare gli interessi propri dell’intera collettività che ben possono essere pregiudicati, anche in termini di esposizione a potenziale pericolo sociale, da iniziative che coinvolgono una massa indistinta di individui.
La ragione di questi limiti da sempre si esprime nell’“avvento di un mondo in cui gli esseri umani godano della libertà di parola e di credo e della libertà dal timore e dal bisogno” che è realizzabile soltanto nella sintesi fra la libertà di partecipare agli aspetti più profondi della propria interiorità e la libertà dai vincoli che derivano dalla violenza privazione dei beni essenziali della vita.
Nell’alveo di questa aspirazione rientra anche la tutela della salute non solo individuale ma come interesse della collettività (art. 32 Cost.). Ogni singolo diritto umano interagisce con tutti gli altri e può se schiaccia gli altri diritti, diventare abusante. Espressioni triviali e oscene, diffamatorie e insultanti, eloqui violenti suscettibili di ferire o incitare
un’immediata rottura della pace, varie forme di espressione che diffondono, incitano, promuovono o giustificano il negazionismo, l’odio razziale, la xenofobia, l’antisemitismo o altre forme di odio basate sull’intolleranza sono altre espressioni che nel bi lanciamento e nella proporzionalità, possono porre limiti e anche porre divieti alla manifestazione collettiva de i cittadini.
A fronte di tutto ciò vietare preventivamente ed in via generale ogni manifestazione pubblica in determinati luoghi è sempre una scelta molto dolorosa e trova la sua legittimità solo proporzionalmente ad una sostanziosa e argomentata valutazione in concreto che non può che essere collegialmente supportata. Quel che il nostro Paese ha già tragicamente vissuto dovrebbe, alla luce dei nostri valori costituzionali, saggiamente istruire la coscienza di ogni cittadino.