“Giuseppe è stato il primo padre affidatario della storia”. Don Oreste Benzi, il fondatore delle case famiglia per l’accoglienza dei bambini senza famiglia,
colui che ha promosso in Italia l’affidamento familiare e la chiusura degli istituti ed orfanotrofi, non aveva dubbi. “Quando Gesù bambino correva verso Giuseppe – spiegava don Benzi – lo chiamava ‘Abbà’, papà. Lui era veramente papà, perché è stato il primo che ha rigenerato nell’amore un figlio, addirittura il Figlio di Dio. San Giuseppe è stato il primo padre affidatario. E che affidamento. Glielo ha affidato Dio stesso. Pertanto quando sento chiamare Giuseppe ‘padre putativo’ – che significa ‘ritenuto padre’ – penso che San Giuseppe si offenda e si volti dall’altra parte. Dio diede a Giuseppe il compito di essere padre del suo figlio unigenito diventato uomo, pertanto egli dovrebbe essere nominato patrono dell’affidamento universale”.
Come Giuseppe ha sempre saputo che quel Bambino non era suo, ma era stato semplicemente affidato alle sue cure, così tanti padri affidatari ed adottivi si prendono cura di bambini che sono stati loro affidati e che rigenerano nell’amore. Papa Francesco nel 2020 gli ha dedicato un’intera Lettera Apostolica, Patris corde, in occasione del 150° anniversario della dichiarazione di San Giuseppe quale patrono della Chiesa universale. “Padri non si nasce, lo si diventa – scrive il Santo Padre – E non lo si diventa solo perché si mette al mondo un figlio, ma perché ci si prende responsabilmente cura di lui. Tutte le volte che qualcuno si assume la responsabilità della vita di un altro, in un certo senso esercita la paternità nei suoi confronti. Nella società del nostro tempo, spesso i figli sembrano essere orfani di padre”.
Francesco spiega che “essere padri significa introdurre il figlio all’esperienza della vita, alla realtà. Non trattenerlo, non imprigionarlo, non possederlo, ma renderlo capace di scelte, di libertà, di partenze. Forse per questo, accanto all’appellativo di padre, a Giuseppe la tradizione ha messo anche quello di ‘castissimo’. Non è un’indicazione meramente affettiva, ma la sintesi di un atteggiamento che esprime il contrario del possesso. La castità è la libertà dal possesso in tutti gli ambiti della vita. Solo quando un amore è casto, è veramente amore. L’amore che vuole possedere, alla fine diventa sempre pericoloso, imprigiona, soffoca, rende infelici. Dio stesso ha amato l’uomo con amore casto, lasciandolo libero anche di sbagliare e di mettersi contro di Lui. La logica dell’amore è sempre una logica di libertà, e Giuseppe ha saputo amare in maniera straordinariamente libera. Non ha mai messo sé stesso al centro. Ha saputo decentrarsi, mettere al centro della sua vita Maria e Gesù”.
Il Vangelo raccoglie poche parole di Maria Santissima, ma di Giuseppe neanche una. Nulla.
Giuseppe è l’uomo del silenzio. Gli Angeli gli parlano, lui tace e fa. Quando pensa di ripudiare Maria l’angelo gli dice “non temere”; e lui non teme. Quando la furia di Erode incombe su Gesù l’angelo lo avverte “alzati”; lui si alza e parte per l’Egitto. Infine quando il pericolo è passato lo informa “ritorna”; e lui ritorna. San Giuseppe è il cooperatore prezioso del Mistero dell’Incarnazione, Dio ha messo nelle sue mani gli esseri che ama di più, il tesoro più prezioso della nostra fede: Gesù e Maria. Per questo non c’è modello di padre migliore e sicurezza maggiore che affidare la nostra vita a San Giuseppe.