40 anni fa il Giubileo della redenzione. L’ispirazione conciliare
La redenzione indica il sacrificio di Gesù per liberare gli uomini dalla schiavitù del peccato e del male. Quello di redenzione (o salvezza) è un concetto cristiano che attiene al perdono e all’assoluzione dai peccati. Tra gli Anni santi straordinari una speciale solennità hanno assunto i due Giubilei celebrati per le ricorrenze della redenzione. Nel 1933-34 per il 19° centenario della morte e resurrezione di Gesù. E nel 1983-84 per il 1950° anniversario. Il modello per Giovanni Paolo II derivava dall’esperienza conciliare. Per Karol Wojtyla, da vescovo, il Concilio Vaticano II era stato un’esperienza straordinaria. Anzitutto aveva rappresentato una grande scuola di approfondimento dottrinale. Anche per il confronto con le nuove tendenze teologiche. E di aggiornamento pastorale.
Non solo. Attraverso il dibattito conciliare, monsignor Wojtyla aveva ritrovato, e quindi maturato, molte delle questioni che aveva affrontato nel suo ministero episcopale a Cracovia. Come il rinnovamento liturgico. L’ecumenismo. I rapporti con l’ebraismo. Una più attiva partecipazione del laicato (specialmente dei giovani e delle donne) alla vita della Chiesa. Per non parlare della libertà religiosa. Un problema profondamente avvertito in un Paese oppresso da due totalitarismi, l’uno dopo l’altro, quello nazista e quello comunista. Il Concilio, insomma, era stato una svolta per il giovane arcivescovo e futuro successore di Pietro. Da lì, infatti, era partito, con un sinodo diocesano, per riplasmare la vita della comunità ecclesiale di Cracovia. E da lì, diventato Papa, si era ispirato per quelle che sarebbero diventate tra le maggiori caratteristiche del suo pontificato. Un nuovo umanesimo, con la riaffermazione della centralità della persona in una visione fortemente cristocentrica. E l’apertura – con il Vangelo in mano – al mondo, per ristabilire un dialogo depurato ormai da ogni pretesa di integralismo. Ma anche per rivendicare il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali dell’uomo. Di ogni uomo.Una Chiesa purificata, e meno clericale. E dunque, chi se non un autentico “figlio” del Concilio avrebbe sentito così intensamente l’esigenza di una profonda purificazione da parte della Chiesa? Con la sua memoria storica. Con il suo messianismo tipicamente slavo. E con l’ansia che si portava dentro all’avvicinarsi del passaggio di millennio. Chi se non uno come Karol Wojtyla-Giovanni Paolo II? Nell’ indizione del Grande Giubileo del 2000, c’era tutto il suo progetto. Quello di una Chiesa trinitaria. Cioè di un insieme armonico di unità e molteplicità, di identità e diversità. Una Chiesa più spirituale, più evangelica. Perché centrata sul primato della parola di Dio. Una Chiesa più carismatica, più laicale, e meno istituzionale, meno gerarchica, meno clericale. Una Chiesa maestra ma anche madre, anche misericordia. Più rispettosa della coscienza del singolo credente. E non più dominata dal moralismo. Da una vita cristiana caricata fondamentalmente di divieti, di pesi inutili. Una Chiesa autenticamente universale. Con un progressivo spostamento del baricentro verso il sud del mondo. L’Africa, l’Asia, l’America Latina. Ma anche con una nuova attenzione ai Paesi dell’Occidente sempre più secolarizzati, scristianizzati. Sì, certo, c’erano stati anche errori. Così come c’erano stati ritardi, omissioni. Come l’aver lasciato troppo spazio e troppa autorità alla Curia romana. O l’essere stato obbligato a lasciarlo. Lui che veniva da “fuori” e aveva incontrato subito una forte diffidenza. O a causa di certe nomine e di certe decisioni, non sempre trasparenti, negli ultimi mesi di pontificato. Quando la malattia di Wojtyla si andava aggravando. E forse, di conseguenza, anche la sua presenza era meno incisiva. Comunque tutto questo niente toglie alla grandezza di un Papa che aveva cominciato il suo ministero con un invito all’audacia della fede. Ossia a vivere la fede nella società contemporanea senza paure, senza complessi. E a guardare la storia con gli occhi stessi di Dio. Quelli della misericordia, della pace. Della giustizia, della fraternità universale. Un Papa che aveva realizzato concretamente molte delle nuove prospettive aperte dal Concilio. Portandole ancora più avanti. E cioè la Chiesa come popolo di Dio. La libertà religiosa e i diritti umani. Le relazioni con l’ebraismo, con l’islam. E le tematiche sociali della “Gaudium et spes”. Dalla difesa della famiglia al ripudio totale della guerra. Il primo Papa a entrare in una sinagoga, in una moschea. Il primo Papa a riunire i rappresentanti di tutte le Chiese e le religioni a pregare per la pace. Il primo Papa a “inventarsi” le giornate mondiali della gioventù.