In una parrocchia in cui la sezione pastorale dei giovani era molto dinamica, arrivavano tanti ragazzi e ragazze. Qui gli spazi a loro dedicati offrivano la possibilità di svolgere diverse attività: consultare il computer, partecipare ad escursioni organizzate dai responsabili, su bici, spesso nelle montagne non lontane da lì. Si poteva partecipare a gare di sport ma anche sviluppare i talenti artistici…
Un giorno i responsabili hanno riunito i ragazzi più coinvolti in queste attività per discutere con loro degli sviluppi. Visto, che fino a quel momento non erano state avanzate proposte esplicitamente spirituali era stata suggerita la lettura comunitaria della Bibbia, incontri per meditare, l’adorazione. La reazione da parte dei giovani a quel punto è stata veloce e anche molto significativa: “A che cosa serve? Chi partecipa a queste cose?”.
I responsabili a quel punto si sono sentiti perplessi dopo tutti i loro sforzi per avvicinare i ragazzi al Signore e alla Chiesa, tutto sembrava fallito. Tanta energia, tanti investimenti che alla fine sono risultati vani. Anche ad un altro gruppo che si incontrava ogni settimana nella parrocchia un giorno è stato chiesto il motivo per cui lo facessero e i ragazzi hanno risposto semplicemente che a loro piaceva stare insieme. Nessuna motivazione diciamo teologica, spirituale o religiosa!
Ma non è giusto così? Stare insieme, giocare insieme non sono i valori?
La stessa domanda accompagna il racconto del Vangelo di questa domenica. La gente cerca Gesù perché li ha sfamati. La loro fatica nella ricerca di Lui viene accompagnata dall’entusiasmo. Ecco qualcuno che potrebbe, anzi dovrebbe essere il loro capo! Allora lo seguono – ma lo fanno con uno scopo ben preciso.
Gesù dentro di sé lo avverte subito e reagisce nettamente: «In verità, in verità io vi dico: “Voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo”. Si sentiva deluso? Ma non era la sua decisione di nutrire la folla? È stato motivato dalla compassione. Ma non ha pensato all’effetto psicologico? Voleva forse compiere questo miracolo per ottenere la fiducia della folla e per parlare delle cose spirituali?
Infatti, cerca di farlo ma, d’altro canto, si rende conto della difficoltà di questa sfida. La prima reazione, che sembra promettente: “Gli dissero allora: “Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?” Gesù rispose loro: “Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato””. Ma dopo si sente, sempre di più la resistenza. Gli dissero: “Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: “Diede loro da mangiare un pane dal cielo””.
Alla fine di questo sesto capitolo del Vangelo secondo Giovanni vediamo che l’effetto di questa operazione di Gesù per alzare il livello di motivazione della folla non è stato molto positivo. I suoi ascoltatori si polarizzano. Alcuni lo lasciano, ma – d’altro lato – c’è la dichiarazione commovente di Pietro che esorta a rimanere con Gesù, perché non vede alternativa: “Signore da chi andremo tu solo hai parole di vita” (Giov. 6, 68).
Si può dire che Gesù fosse più efficace degli operatori pastorali della parrocchia. Ma il problema è attuale. E si esprime in una domanda molto urgente: “Qual è la vera motivazione delle persone che magari stando anche all’interno della Chiesa cercano e seguono Gesù? Sociale, famigliare, estetica, pratica… – o un’altra?”. Questa domanda si intensifica quando guardiamo i matrimoni spettacolari dove la gente non sa come comportarsi in chiesa e non va alla comunione; quando risulta dalle statistiche che solo una piccola percentuale di credenti va in chiesa ogni domenica. E quanti si confessano regolarmente? Quanti leggono la Bibbia e davvero pregano?
Sì, si parla molto delle opere caritevoli e sociali della Chiesa. Anche così ovviamente viene seguito il Signore. Ma la sua osservazione, la preoccupazione per la tappa successiva rimane rilevante, forse adesso come mai prima! La condividiamo, o preferiamo di non notarla, accontentarci delle statistiche di pranzi distribuiti o ragazzi che partecipano nei nostri programmi?