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I giovani ci sono e rispondono se chiamati: l’esempio della Gmg

Le immagini che arrivano da Lisbona nelle nostre case attraverso i social media o i telegiornali ci mostrano una folla oceanica di ragazze e ragazzi che si sono “alzati in fretta” per partecipare alla 38esima Giornata mondiale della gioventù. Un clima gioioso e festoso, che sembra rispecchiare quello che il nostro fondatore, il Servo di Dio don Oreste Benzi, ha sempre affermato, ossia l’importanza di far avere ai giovani un incontro simpatico con Cristo.

Ci lamentiamo della difficoltà di intercettare i giovani, che niente riesce a catturare il loro interesse, ma non siamo capaci di comprendere la loro vitalità, la loro freschezza, il fuoco che li infiamma e li muove. Le immagini delle centinaia di migliaia di giovani riuniti a Lisbona sono la prova evidente che esiste un modo di comunicare con loro. Sono stati chiamati a questo incontro internazionale per pregare e confrontarsi su valori essenziali della vita, come la gioia, la solidarietà, la voglia di stare insieme e il bene comune. Sono stati chiamati, uno ad uno, ognuno con le sue caratteristiche. Come ha detto loro Papa Francesco durante la Cerimonia di Accoglienza: “Voi non siete qui per caso. Il Signore vi ha chiamati, non solo in questi giorni, ma dall’inizio dei vostri giorni. Tutti ci ha chiamati fin dall’inizio della nostra vita. Sì, Lui vi ha chiamati per nome: abbiamo ascoltato dalla Parola di Dio che ci ha chiamati per nome. Provate a immaginare queste tre parole scritte a grandi lettere; e poi pensate che stanno scritte dentro ciascuno di voi, nei vostri cuori, come a formare il titolo della vostra vita, il senso di quello che sei: tu sei chiamato per nome, tu, tu, tu, tutti noi che siamo qui, io, tutti siamo stati chiamati con il nostro nome”.

I giovani ci sono e rispondono con entusiasmo. Lo stile della Gmg è quello della festa e questo non è uno sbaglio: proprio Dio ci ha detto di voler fare della nostra vita una festa senza fine. I ragazzi e le ragazze intercettano proprio la gioia della vita. Noi adulti dobbiamo capire con loro, anzi direi aiutati da loro quale linguaggio è necessario per dialogare, per costruire quei ponti che forse in questo momento sono un po’ più difficili da trovare. Papa Francesco è uno che parla questo linguaggio. Anche il nostro don Oreste, come sta facendo il Pontefice, cercava di incontrare i giovani nei loro mondi e nei luoghi dove si ritrovavano anche per far festa. Invitarli a fare festa con Gesù è una cosa molto bella e permette loro di fare un “incontro simpatico con Cristo”. Don Oreste andava nelle discoteche per cercare un dialogo con i giovani, noi dobbiamo porci questa domanda: “Dove dobbiamo andare per incontrare le nuove generazioni?“.

Nel corso della Via Crucis con i giovani, Papa Francesco ha affermato che “quando guardiamo il Crocifisso, che è tanto doloroso, una cosa così dura, vediamo la bellezza dell’amore che dà la sua vita per ciascuno di noi”. Ma come far riscoprire ai giovani la bellezza dell’amore, dell’amicizia, delle relazioni reali e non virtuali? Testimoniando con i fatti e non con le parole la sofferenza della croce che nella vita abbiamo sperimentato, ma conservando il sorriso e la luce negli occhi, continuando ad essere gioiosi. Lo specifico visibile della nostra vocazione, pensando a noi della Comunità Papa Giovanni XXIII, è la condivisione diretta di vita con le persone che sono profondamente segnate dalla croce. Questa condivisione diretta se testimoniata con uno sguardo luminoso, con un sorriso, non significa sminuire quella sofferenza, ma testimoniare che da quella croce può nascere un amore generoso e gratuito.

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