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Giornata per la riduzione dei disastri naturali: un ultimatum per l’umanità?

Anche quest’anno, il 13 ottobre viene celebrata la Giornata Internazionale per la Riduzione dei Disastri, organizzata dalle Nazioni Unite. Nel 1989, la Giornata era nata per promuovere una cultura globale di preparazione, nel tentativo di prevenire e ridurre l’impatto dei disastri naturali che si verificano nel mondo. A trent’anni di distanza, in piena emergenza climatica globale, questa Giornata risuona come un ultimatum per l’umanità intera.

La data del 13 ottobre ricorda a tutti che il rischio è dietro l’angolo e le conseguenze dei disastri naturali si misurano sia in vittime umane, sia in danni ingenti ai territori, alle attività produttive e agli insediamenti urbani coinvolti.

Prevenzione e anticipazione sono elementi chiave su cui gli Stati e le Nazioni Unite si concentrano sempre più, dando importanza alle capacità delle comunità, presenti sul territorio, di rispondere alle sfide che il cambiamento climatico costringe ad affrontare.

La Giornata arriva anche in prossimità della Cop 26 di Glasgow, che da tempo viene indicata come determinante per il futuro del Pianeta.

L’impatto delle emergenze sembra crescere ogni anno, anche a causa dei cambiamenti climatici. Quasi giornalmente ci arrivano terribili immagini di eventi climatici imprevedibili e distruttivi, talvolta questi eventi ci riguardano direttamente e ci troviamo inermi di fronte a tutto ciò. Causano perdite, di case e beni, ma soprattutto di vite umane, lasciano profonde cicatrici, fisiche e psicologiche. Più in generale, occorre assumere una maggiore consapevolezza globale delle tradizioni e delle pratiche locali finalizzate alla riduzione dei rischi di catastrofi naturali e coinvolgere le comunità locali nei piani di emergenza.

Non possiamo eliminare i disastri“, ebbe a dichiarare Ban Ki-Moon, Segretario Generale delle Nazioni Unite, “ma possiamo ridurne i rischi. Siamo in grado di ridurre i danni e possiamo salvare più vite.” Sulla stessa linea l’attuale Segretario generale Gutierrez ha dichiarato che “Siamo sull’orlo dell’abisso, occorre agire subito. Vediamo segnali di allarme in ogni continente e regione, temperature elevate; è scioccante la biodiversità che si perde, aria e acque sono inquinate, i disastri legati al clima sono evidenti, mentre le nazioni sono apparentemente lontane anni luce dal raggiungimento degli obiettivi”.

Guterres ha dunque ammonito che “serve un taglio del 45% delle emissioni entro il 2030, eppure un recente rapporto dell’Onu mostra che le emissioni aumenteranno del 16% entro il 2030. Ciò ci condannerebbe ‘all’inferno’ di un aumento della temperatura di almeno 2,7 gradi rispetto ai livelli preindustriali”.

Venerdì 24 settembre, in centinaia di piazze di ogni continente, è stato organizzato da “Fridays For Future”, uno sciopero generale chiamato anche con sarcasmo “Festa per la fine del mondo”. A Milano, in concomitanza con lo Youth4Climate, è stato realizzato l’Eco social forum. Altri due appuntamenti, lo Student strike e la Global march for climate justice, sono stati realizzati rispettivamente venerdì 1 e sabato 2 ottobre, nel capoluogo lombardo.

La COP 26 di Glasgow viene presentato dunque a più riprese come un ultimo appello per il pianeta. Tuttavia, non sembra che i potenti della terra lo comprendano fino in fono o, comunque, sono troppi gli interessi economici in ballo. Tuttavia, è del tutto evidente come l’attuale modello di sviluppo vada sostituito, entrando nella logica contenuta nell’Enciclica Laudato Si di Papa Francesco, quella dell’Ecologia integrale, che si prende cura della persona e dell’intero Creato.

Papa Francesco lo ha detto ripetutamente negli ultimi 6 anni e lo ha detto con maggior forza negli ultimi mesi, che la famiglia umana o si salva tutta insieme, tutelando e difendendo la Casa comune, o non si salva. Vediamo anche in questi giorni la conflittualità esistente, il tema dei sottomarini nucleari: siamo sulla cattiva strada. Dobbiamo leggere e rileggere la Laudato si’, traendo le riflessioni profonde contenute in ogni singola parola…

Il mondo deve vedere chi fugge dalla propria terra a seguito di crisi causate dal clima. Sono quasi 30 milioni le persone nel mondo costrette a lasciare le loro case a causa dei disastri ambientali, il che dà alla crisi climatica un volto umano, investendo la Chiesa di sfide da affrontare al fianco di chi deve abbandonare terra e abitazioni per sopravvivere, soprattutto gli abitanti delle periferie esistenziali.

Abbiamo diverse situazioni nel mondo in cui gli esodi sono palesemente ed evidentemente causati da una crisi climatica, ed è importante che la comunità internazionale non solamente renda visibile questa situazione, ma cominci a pensare e a riflettere su come si possa provvedere a un riconoscimento delle vulnerabilità dei soggetti che sono in movimento, che si trovano a dover lasciare i loro posti di residenza e anche ad una protezione che possa essere estesa. Questo è un cammino che, sicuramente, richiede il coinvolgimento di quelle forze che a questo sono preposte. La comunità internazionale ha una serie di strutture che possono mettersi al lavoro, ad un bel tavolo di lavoro, per vedere come si possa garantire tutto questo.

In Italia è stato recentemente pubblicato Il primo rapporto sulle attivazioni del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA) in situazioni di emergenza è stato elaborato dall’ISPRA, con la collaborazione dei referenti della Rete operativa SNPA per le emergenze ambientali sulla base dei dati relativi a eventi occorsi nel corso del 2019.

https://www.isprambiente.gov.it/it/pubblicazioni/rapporti/primo-rapporto-attivazioni-snpa-in-situazioni-di-emergenza

Il rapporto, realizzato grazie ai dati forniti dalle Agenzie, descrive e confronta le diverse realtà regionali attraverso l’analisi di alcuni parametri, che rappresentano un modo semplificato e schematico per descrivere un sistema complesso qual è quello messo in campo per la gestione delle emergenze ambientali.

Il Rapporto intende porre le basi di un percorso di monitoraggio negli anni delle attivazioni con l’obiettivo di contribuire internamente al SNPA (Sistema Nazionale per la Protezione dell’ambiente) al miglioramento e all’implementazione delle azioni a supporto delle attività stesse, ponendo anche le basi per la rimodulazione e la revisione del sistema di registrazione degli eventi emergenziali e svolgere una funzione divulgativa nei confronti di un pubblico più vasto rispetto agli addetti ai lavori, al fine di informare e far conoscere il ruolo del SNPA nella gestione delle emergenze ambientali e di incentivare la partecipazione attiva al processo e sensibilizzare rispetto alle tematiche ambientali.

Per tutti questi motivi, quest’anno la Giornata Mondiale per la riduzione dei disastri naturali assume un significato particolare e particolarmente importante: le conseguenze dei cambiamenti climatici, provocati dall’azione dell’uomo, sono un rischio per l’intera umanità e per ciascuno di noi.

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