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La giornata mondiale dei diritti umani: perché non bisogna mai abbassare la guardia

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Come ogni 10 dicembre si celebra la giornata mondiale dei diritti umani. Una giornata molto importante perché non dobbiamo mai dimenticarcene le radici storiche: la fine della seconda guerra mondiale e, con essa, della tragedia della Shoah. Avere collocato al centro i diritti umani, significa un radicale cambio di prospettiva: la pace sociale non si affida all’ineluttabilità di soluzioni armate ma al rispetto universale della dignità della persona umana. La nuova pagina dei diritti aveva di fronte anche altre sfide: l’eguaglianza senza discriminazioni e le libertà civili. Non fu un caso che Sud Africa e Unione Sovietica si astennero dal voto finale della Dichiarazione universale dei diritti umani, adottata dall’Onu, appunto, il 10 dicembre del 1948. La Cina aderì, partendo però da una diversa concezione filosofica della dignità della persona che si realizza contribuendo al progresso della società. I Paesi arabo-musulmani – per gran parte – non parteciparono alla Dichiarazione.

Sottolineo, poi, il richiamo dell’articolo 1 della Dichiarazione allo “spirito di fratellanza” che deve animare l’azione solidale di ogni essere umano: un elemento questo che oggi trae nuova linfa dall’enciclica “Fratelli tutti”, radicata nell’amore evangelico e francescano “che va al di là delle barriere della geografia e dello spazio […] una fraternità aperta, che permette di riconoscere, apprezzare e amare ogni persona al di là della vicinanza fisica, al di là del luogo del mondo dove è nata o dove abita”.

Occorre ricordare il senso più profondo dei diritti umani che – per non essere vuota retorica – si raggiunge quando un’astratta esigenza di legalità, limitata alla proclamazione di quei diritti, si riempie del contenuto della dignità umana per rispettarla e tutelarla. Ed è qui che nascono i contrasti tra visioni e prospettive diverse, tra chi la ritiene un diritto assoluto e intangibile e chi, invece, ne consente in certi casi la relativizzazione in forza di atti di volontà o interessi che si sostengono essere superiori.

In Italia, vengono rispettati i diritti umani, soprattutto se ci confrontiamo con ciò che accade in alcuni Paesi, dove gli esseri umani non sono affatto tutti uguali. Sì, anche e soprattutto, se ci rapportiamo all’architettura costituzionale italiana e all’attuazione di alcuni diritti della persona con il presidio di prerogative sociali, pensiamo – soprattutto in questo periodo – al servizio sanitario universale, certamente tra i più garantisti del mondo. No, invece, se scaviamo dietro la vita sociale apparente e parliamo di lavoro, prostituzione, immigrazione, legalità, fragilità, vita nascente. In questi ambiti il rispetto del principio di eguaglianza e della dignità umana è spesso drammaticamente disatteso. Non si può restare indifferenti davanti alla tratta di donne destinate al mercato della prostituzione, al lavoro nero e senza tutele, alla corruzione che conculca i diritti dei cittadini, alla manipolazione e soppressione di vite umane in fase embrionale, ai diritti dei disabili retrocessi a regalìe dello Stato. Si tratta di un manifesto politico-antropologico permanente che ci impone di non assopirci davanti alle ingiustizie che attraversano il nostro Bel Paese.

Ma chi sono le persone i cui diritti vengono sistematicamente calpestati? Sono le persone a noi più vicine, pensiamoci bene. Chi non ha a che fare con un lavoratore senza garanzie, un amministratore disonesto o una donna che imbocca la strada cieca e dolorosa dell’aborto?

Non chiediamoci cosa dovrebbero fari i governi, ma cosa dovremmo fare noi, io stesso. Noi cattolici, in particolare. Papa Francesco, ha aperto una stagione in cui l’opzione preferenziale verso gli ultimi torna concretamente al primo posto dell’agenda degli impegni della Chiesa cattolica. E chi non risponde all’appello tradisce i valori di cui abbiamo parlato sin qui.

Alberto Gambino: