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L’aria pulita, non un dono scontato ma bene prezioso

Mai avremmo immaginato di dover affrontare una guerra su un campo di battaglia così impalpabile. Eppure, dall’inizio dell’emergenza pandemica da Covid-19 le nostre abitudini sono mutate radicalmente. Quelle più consolidate. Le strategie di comportamento si sono rimodulate su misure di prevenzione che mai si sarebbero potute pensare. Non un luogo o un’attività che fosse immune. Supermercati, scuole, ospedali, chiese, nelle automobili. Perfino all’aria aperta. Qualcuno si è fatto prendere la mano e ha condizionato anche l’attività fisica sportiva. Quasi che fosse più temibile il cavallo del cavaliere, si sono alzate barriere di ogni tipo. Ogni sforzo doveva essere fatto per interrompere la trasmissione del virus. E se l’aria è il tramite di infezione, questa è divenuta la nostra acerrima nemica. Senza che ce ne rendessimo conto più di tanto, forse. Prendere una boccata d’aria. Si, ma in casa propria.

Ricorre oggi la seconda Giornata Internazionale per l’aria pulita. Per volontà dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite si celebra auspicando che singoli stati e cooperazione internazionale possano agire tramite politiche integrate per preservare la qualità della nostra ragione di vita. Una delicata miscela di gas, principalmente azoto e ossigeno, che assicura l’esistenza di specie animali e vegetali. Che peraltro è al suo equilibrio attuale solo da circa 450 milioni di anni, nell’era chiamata dai geologi Paleozoico. Non un dono scontato quindi, ma un bene prezioso di cui probabilmente l’attuale modello di sviluppo economico non ha sufficiente cura. E ovviamente le persone che lo interpretano.

Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2018 il 90 % della popolazione globale respira aria inquinata. E ciò è causa di milioni di morte premature. Sette in tutto. Dei quali circa quattro muore per cause connesse all’inquinamento atmosferico dell’ambiente in cui vivono. Le particelle fini che satura l’aria penetrano in profondità nel sistema cardiovascolare e causano insufficienze cardiache, ostruzioni polmonari croniche e infezioni polmonari. Ma colpisce l’origine del decesso dei restanti tre milioni di individui. La cottura di cibo negli ambienti domestici con utilizzo di combustibili e tecnologie inquinanti. Quello che per molti di noi è un momento di diletto e in ogni caso di convivialità e lauta sussistenza, si trasforma soprattutto in Africa ed in Asia, in un avvelenamento in house.

In Europa il particolato atmosferico ha causato la prematura scomparsa di 400 mila individui ogni anno. Ma anche flora e fauna possono essere bersaglio dell’inquinamento atmosferico. La deposizione di azoto e composti di ammonio può distruggere ecosistemi acquatici e terresti. Il fenomeno dell’eutrofizzazione (disequilibrio di sostanze nutrienti) che colpisce le specie autoctone e spiana la strada a specie aliene. E peraltro i dati dimostrano che anche se la concentrazione atmosferica di alcuni inquinanti, come l’ossido di azoto, mostra nel tempo concentrazioni decrescenti a ciò non corrisponde un’immediata diminuzione di trasferimento del composto dall’atmosfera alla biosfera. Dati illustrati nel Rapporto Europeo 2020 sullo stato dell’ambiente. Che mostrano in generale una complessiva diminuzione di elementi e composti inquinanti dall’inizio del nuovo millennio. A questa evidenza fa da contro altare l’alto livello di inquinamento che si è concentrato nelle aree urbane, dove la maggior parte della popolazione europea risiede. Traffico stradale e combustione per riscaldamento residenziale sono all’origine nel problema. Ma anche la gestione dei rifiuti è una fonte in grado di influenzare la qualità dell’aria che respiriamo.

La questione dei centri urbani offre lo spunto per una riflessione sul secondo tema trattato dalla giornata dell’ONU. Il cielo blu. Sempre meno visibile dalle nostre finestre abbiamo anche perso l’abitudine di alzare gli occhi al cielo. Perennemente connessi ai nostri smartphone che sono ormai il nostro universo. Verso la crescita smisurata e disordinata di molte città si rivolge l’attenzione di Papa Francesco nell’enciclica Laudato Si per la cura della Casa Comune. “Non si addice ad abitanti di questo pianeta vivere sempre più sommersi da cemento, asfalto, vetro e metalli, privati del contatto fisico con la natura.” [LS 44] Le città come simbolo della cultura dello scarto. Che tutto inglobano senza rendere nulla indietro. Luoghi spesso tutt’altro che inclusivi dove le aree più pregiate sono appannaggio di un’élite di privilegiati mentre fuori risiede la massa scartata dalla società. Ma anche come occasione per un pieno ed efficace sviluppo di ecologia integrale

L’aria e il cielo debbono tornare ad essere quella fonte di vita e benessere che proviamo ammirando un paesaggio da un alpeggio di montagna o sugli scogli in riva al mare invernale. L’essere umano stesso è frutto di un passaggio d’aria. Un respiro. Quell’alito di vita che ci fece Creature. E ci diede il compito di custodi del Creato.

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