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Chi sa amare Gesù sa amare gli altri

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Tutti amiamo la vicinanza. Ne abbiamo bisogno per crescere – a partire dalla vicinanza intima con nostra madre, fino alla vicinanza dell’amore. Allo stesso tempo ne abbiamo paura soprattutto adesso che tanti contatti sono possibili perché facili e rischiamo quasi di essere inondati da varie persone, isolandoci allo scopo di proteggerci. Conoscere un’altra persona costituisce sempre un rischio di approfittarsi anche della sua disponibilità. Tuttavia la sincera conoscenza umana richiede uno scambio profondo in cui ci si espone e svela.

La vicinanza potrebbe portarci a vedere la persona vicina solo dalla nostra personale prospettiva. Questo costituisce una vera minaccia per l’amore che deve sempre lasciare uno spazio per il mistero, per la libertà, senza soffocare e limitare. Simone Weil sosteneva che amare sia contemplare la distanza. In altre parole respirare aria fresca insieme, con tanto rispetto reciproco e libertà. Solo così possiamo pienamente toccare e godere del mistero di un’altra persona, le tracce di intimità deposte nel suo cuore. L’amore vive grazie all’esplorazione di questo mistero di cui si nutre. Se manca questo respiro, l’amore sparisce o si deforma.

Se è così per quanto riguarda la vicinanza umana, che cosa dire sulla vicinanza con Dio, che è infinitamente più grande di noi? Basta ricordare le epifanie (rivelazioni/apparizioni) di Dio nell’Antico Testamento e gli incontri con Gesù Cristo, Dio incarnato? Che scuola – proprio l’università dell’amore e della vicinanza! non la si può mai esplorare e capire pienamente! Ogni brano del Vangelo porta nuovi esempi – nuove lezioni di come vivere e sviluppare l’amore. Solo chi sa amare Gesù, sa amare gli altri.

Il Vangelo di oggi illustra molto bene questa realtà. In questo modo possiamo capire non solo il destino di Gesù, ma anche i nostri problemi nelle relazioni con gli altri.

Gesù arriva nella sua patria. Che commozione doveva sentire! Non era partito da molto tempo, ma anche in pochi mesi le persone e i posti cambiano: le persone, gli amici con cui cresceva, giocava. Adesso torna in un altro ruolo – che è inoltre il ruolo della sua vita. Ma lo conoscono come un compagno, un amico, un vicino, il figlio di falegname, il figlio di Maria, “il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?” Porta tante etichette – come tutti i membri delle piccole società, dove tutti conoscono tutti, in un certo senso controllandosi a vicenda. Se qualcuno va oltre le piste che funzionano da generazioni porta confusione, scomoda queste persone. Esce dal controllo del gruppo e, più precisamente, delle persone che gestiscono il gruppo col loro potere e i loro influssi.

Chi prova a dire, o fare qualcosa fuori dalla loro autorizzazione di solito viene considerato come una minaccia. Ecco un esempio della vicinanza soffocante che controlla e vuole gestire gli altri. Quasi tutti i gruppi, tutte le popolazioni conoscono simili meccanismi. Allora si capisce come non potevano non toccare anche Gesù. Anzi, dovevano far parte della sua esperienza di Incarnazione. Fino al dramma del Venerdì Santo.

San Marco è molto sintetico. Racchiude la recezione di Gesù da parte dei suoi connazionali in una frase molto significativa: “Ed era per loro motivo di scandalo”. Come mai qualcuno che fa bene, compie tanti prodigi, guarisce, annunzia la Buona Novella può essere considerato motivo di scandalo? La vicinanza di dominio e controllo eccessivo che non rispetta l’alterità e il mistero di un’ altra persona offusca la visuale e porta a trascurare le cose essenziali, in questo caso la rivelazione di Dio attraverso le opere e le parole di altre persone.

Gesù lo ricorda, parlando dei profeti disprezzati nella loro patria. Tutti erano a immagine di Gesù, anticipavano le sue vicende. La vicinanza pressante, l’occhio che non vede e il cuore che soffoca, trascura quindi la presenza di Dio in un altro, arrivando a paralizzare la possibile azione di Dio stesso. Toglie aria, senza possibilità di uscire dal piccolo, opprimente cerchio della propria piccolezza. La salvezza invece non significa forse la possibilità di liberarci dalla nostra piccolezza, dalle chiusure in cui siamo nati e che si rende necessario superare per crescere veramente? Ecco allora la vera missione dell’amore, della vicinanza giustamente gestita: la medicina per tante malattie dei nostri rapporti, lo spiraglio attraverso il quale Dio vuole entrare nella nostra quotidianità!

padre Bernard Sawicki: