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Pace a Gaza e strategia di Sant’Ignazio

Gaza

Pacificare Gaza e l’Ucraina riportando la serenità dentro di noi. “Per fare la pace ci vuole coraggio, molto di più che per fare la guerra– afferma papa  Ci vuole coraggio per dire sì all’incontro e no allo scontro. Sì al dialogo e no alla violenza. Sì al negoziato e no alle ostilità. Sì al rispetto dei patti e no alle provocazioni. Sì alla sincerità e no alla doppiezza”. La pace è molto di più dell’assenza di guerra. Gandhi, Martin Luther King, Tolstoj, don Lorenzo Milani hanno insegnato una lezione che il Pontefice non si stanca di testimoniare. Nessun potere può sopravvivere di fronte a popolazioni che in nome dei propri valori attuano la non collaborazione tramite la disobbedienza civile. Abbiamo la cattiva abitudine di occuparci di pace quando cadono le bombe, ma a quel punto è troppo tardi- sostengono Alex Zanotelli, don Luigi Ciotti e la Rete Pace e Disarmo-. Le guerre vanno prevenute. E si prevengono costruendo attivamente la pace attraverso iniziative di giustizia, diplomazia, disarmo. La Compagnia di Gesù è stata fondata nel 1540 da Sant’Ignazio di Loyola e dai suoi compagni. La missione dei gesuiti è una missione di riconciliazione. Che opera perché uomini e donne possano riconciliarsi. Con Dio. Con loro stessi, l’uno con l’altro e con la creazione di Dio. La Compagnia di Gesù è sorta con l’approvazione di papa Paolo III. Ignazio aveva raccolto intorno a sé un energico gruppo di uomini colti. Non desideravano altro che aiutare gli altri a trovare Dio nella propria vita. Il progetto originario di Ignazio era che i gesuiti viaggiassero come missionari. Predicando e amministrando i sacramenti ovunque vi fosse speranza di apportare un bene più grande. Fin dalla sua fondazione l’ordine in cui è entrato Jorge Mario Bergoglio è cresciuto. Dai primi dieci compagni a più di 15 mila gesuiti in tutto il mondo.La strategia di sant’Ignazio di Loyola si applica a ogni aspetto della vita individuale e comunitaria. Tra le mura domestiche e in società. “Francesco ha ricomposto una disputa millenaria”. Il filosofo Massimo Cacciari si è unito al cardinale domenicano Christoph Schönborn nell’attribuire al fondatore dei gesuiti, Ignazio di Loyola, la “vittoria al Sinodo sulla Famiglia”. La riammissione ai sacramenti per i divorziati risposati è stata affidata al “discernimento” dei confessori. Caso per caso. “È un compromesso nel senso
migliore del termine. Quello della Compagnia di Gesù“, osserva il professor Cacciari. Il Sinodo sulla Famiglia ha seguito Francesco sulle orme di sant’Ignazio. Non è il mettersi d’accordo fingendo di ignorare le differenze. È il riconoscimento, da sempre praticato
dai Gesuiti, della complessità civile ed etica del contesto mondano. Con la necessità di accompagnarlo nelle sue valutazioni. Ciò non significa cedere ai princìpi e ai comportamenti mondani, bensì riconoscere la realtà e muoversi al suo interno per cambiarla.La Chiesa di Francesco, secondo Cacciari, non si confonde con l’etica mondana. Ma si colloca al suo interno per influenzarla da dentro. La linea di papa Bergoglio è chiaramente la stessa applicata sempre e ovunque dai Gesuiti. In Sud America, Cina, India. Nei secoli, questa strategia è stata politicamente avversata non solo dai reazionari. Ma anche dai radicali come Giansenio e Pascal. Per i quali il Vangelo deve essere una spada nel mondo e il discorso cristiano deve essere netto. O sì o no. Al Sinodo sulla Famiglia si è riproposto uno storico dissidio nella Chiesa che andrà affrontato. Francesco è coerentemente un gesuita. Nella sua accezione più nobile. Quella di Jorge Mario Bergoglio, a giudizio di Cacciari, è una linea che nella storia ecclesiastica ha conosciuto radicali opposizioni. È un dissidio fondamentale che non si potrà evolvere. Non è un patteggiamento intermedio.Con la svolta al Sinodo sulla Famiglia la Chiesa di Francesco comprende la situazione etica del mondo contemporaneo. Ma si mette dentro, non la combatte come avversario dall’esterno. È sempre stato l’approccio dei Gesuiti, in ogni epoca e nazione. Nella Curia ci sono posizioni di ostilità a Francesco come quelle di cui si è fatto portavoce Giuliano Ferrara. Per Cacciari, si tratta di reazionari che, non condividendo la sua presa d’atto delle odierne trasformazioni etiche e comportamentali, accusano il papa di cedimento. Di resa al mondo moderno. Lo scontro emerso al Sinodo sulla Famiglia è vero, reale, profondo. Non finirà qui. E non si può prevedere come andrà a finire. Certo, l’eterogenesi dei fini è un pericolo sempre presente nella storia della Chiesa. Il modello di Francesco e con lui del Sinodo è la comprensione ignaziana della contemporaneità. Non è tatticismo politico, come pensano i nemici interni di Bergoglio. Ma viene dalla grande mistica umanistica.

Foto dal sito del Movimento Laudato si’

Sant’Ignazio si rapportava alla lezione di Erasmo da Rotterdam e venerava san Francesco. Jorge Mario Bergoglio non ha scelto il nome del santo di Assisi per arruffianarsi il moderno ecologismo. Prima di attaccare Bergoglio bisognerebbe conoscere un po’ di storia. Il metodo seguito dal papa gesuita, infatti, consiste nello sciogliere piano piano tutti i nodi, lentamente, in una prospettiva di millenni. La riforma della Chiesa terminerà solo con la fine dei tempi, alla conclusione della storia. Francesco fa muovere la Chiesa su questa prospettiva. La pazienza è virtù raccomandata dai padri della Chiesa. Insieme con un’obbedienza non passiva e servile. Bensì consapevole che la Chiesa ha tutto il tempo per formare i fedeli all’ascolto. Per Cacciari si può giudicare il pontificato solo da questa prospettiva. Direttore del Dipartimento di Filosofia dell’Accademia di Architettura di Lugano dal 1998 al 2005. Nel 2002 Cacciari fonda con don Luigi Verzè la Facoltà di Filosofia presso l’Università Vita Salute San Raffaele di Milano. Di cui è il primo preside. Dal 2012 è professore emerito di Filosofia presso lo stesso ateneo. Jorge Mario Bergoglio deve affrontare due tipi di resistenze alla sua azione. E cioè l’opposizione reazionaria. Una fronda minoritaria destinata a una crescente irrilevanza. È gente, a giudizio di Cacciari, che si oppone a Bergoglio per spirito di conservazione. E che è arroccata in trincee devastate. Ce n’è poi una più intelligente che Cacciari riscontra nei dialoghi franchi che ha con alcuni vescovi. Dicono che loro di fatto la comunione ai divorziati risposati la danno già e che è una prassi diffusa. Però temono che metterla nero su bianco e sancire la riammissione ai sacramenti faccia venir meno la sacralità del matrimonio. Un salto che, a loro parere, depotenzia un principio se non viene collocato in un contesto teologico. Da posizioni teoriche marxiste, Cacciari è approdato a una personale riflessione sulla crisi del pensiero dialettico della tradizione
hegeliano-marxista. Studiando autori (Nietzsche, Wittgenstein, Heidegger, Kafka). E culture (in particolare quella viennese e mitteleuropea tra Ottocento e Novecento). Indagandone le ragioni profonde della crisi nella tradizione metafisica e teologico-religiosa occidentale. Inoltre, negare l’Eucarestia ai divorziati risposati non ha fondamento dogmatico, si basa sulla tradizione. Chi non è d’accordo con le aperture di Francesco denota un eccesso di timore e di prudenza. Ma avere paura può rivelarsi un errore. Dall’altro lato, Cacciari diffida dell’appoggio laicista al papa di quanti vogliono appropriarsene per ecologismo. E per loro altre battaglie di retroguardia che nulla hanno a che vedere con la profondità del suo messaggio di fede. Gli atei di sinistra rischiano di fare al pontificato di Bergoglio gli stessi danni che gli atei devoti e i teocon hanno provocato a quello di Joseph Ratzinger.

Giacomo Galeazzi: