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“Fratelli tutti” completa l’opera del Giubileo della misericordia

Francesco parla al cuore dell’umanità ferita dalla pandemia e  disorientata dalla globalizzazione dell’indifferenza. Lo fa con le parole franche e dirette da parroco del mondo, consapevole della necessità di fornire chiare e oneste indicazioni di senso agli uomini e alle donne di questi tempi difficili e incerti. Cinque anni dopo il profetico afflato sociale della “Laudato sì” l’enciclica “Fratelli tutti” si inserisce nel filone delle esortazioni all’equità e alla solidarietà internazionale della “Populorum Progressio” di Paolo VI e dell’antropologia della libertà che pervade la “Centesimus Annus” di Giovanni Paolo II. “Fratelli tutti” realizza e completa l’impostazione conciliare del Giubileo della misericordia. Nel definire l’essenza della Chiesa e il suo mandato, il numero introduttivo della Costituzione dogmatica sulla Chiesa, “Lumen Gentium“, la definisce in poche e dense parole. E
afferma che la Chiesa “è in Cristo il sacramento, ossia il segno e lo strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano”. La Chiesa non potrebbe sussistere se non nella comunione con Cristo. Questa vocazione scaturisce dal disegno e dall’opera della Trinità. E a testimoniarlo è proprio  il pontificato della misericordia di Francesco, al contempo sociale e spirituale. Dell’unità di Dio la Chiesa è chiamata ad essere il riflesso e il segno visibile. Ora, tale unità, come avviene nella stessa vita trinitaria, si realizza nell’amore. Della misericordia divina, quindi, la Chiesa deve essere l’annunciatrice e prima ancora la trasparente ricettrice. Essa che è stata generata dall’effusione pasquale dello Spirito, che è l’amore stesso di Dio.“Fratelli tutti” attualizza la critica della finanza dominatrice della “Quadragesimo Anno” e la presa d’atto della “Rerum Novarum” che il mondo non sarà mai più quello di prima. E lo fa con una certezza. L’amore è la prima, e in fondo l’unica, vocazione della Chiesa. E’ Gesù stesso ad averlo insegnato proclamando il comandamento della carità. Solo attraverso l’amore, infatti, la Chiesa può realizzare il suo compito. Cioè essere strumento di unità per il genere umano. Ripensare all’altissima vocazione ricevuta in Cristo non può non sbalordire la Chiesa. E la richiama all’urgente necessità di vivere la carità in ogni momento. Facendo della carità il motivo propulsore di ogni iniziativa ecclesiale e il parametro di verifica di ogni attività pastorale. La consapevolezza della necessità della misericordia permea “Fratelli tutti” ed è la stessa che ha spinto Francesco a indire un Anno Santo straordinario. E caratterizzarlo, per straordinaria intuizione, con un tema specifico, a differenza dei precedenti Giubilei.La cultura della misericordia di “Fratelli tutti” riecheggia la sollecitudine sociale che nel 1991, con il Muro da poco crollato, aveva indotto nel 1991 Giovanni Paolo II a scrivere la “Centesimus annus”. E a ribadire l’idea che il mercato non può essere senza freni. E’ sulla scia conciliare e solidale di Karol Wojtyla che, trent’anni dopo, interviene Papa Francesco. La sua nuova enciclica sociale ci ricorda la misericordia di Dio, grazie alla quale possiamo vivere con speranza. E ci spinge a verificare se viviamo o meno noi stessi secondo misericordia. E porta la Chiesa a ripensare a tutto il vivere ecclesiale. In modo che, pur tra tanti tormenti, divisioni, scandali e difficoltà, divenga uno specchio, quanto più possibile terso, capace di riflettere l’amore ricevuto. “Fratelli tutti” si colloca nella linea del  Vaticano II e ne incentiva l’accoglienza e l’attualizzazione. Solo una Chiesa che pone al centro la misericordia, infatti, può essere veramente se stessa. E riscoprendo la centralità dell’amore potrà vivere secondo lo spirito indicato dal Concilio e farsi vera promotrice
di unità.

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