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Ora “fratelli tutti” nell’ecumenismo. La testimonianza di papi e patriarchi

Il programma di ogni papa è dato dal Vangelo. E dalla sua laboriosa testimonianza-interpretazione. Così come si è configurata nella tradizione. Giovanni Paolo II è stato un grande missionario. E un evangelizzatore a livello mondiale. Simbolo (anche fisicamente, finché ha avuto buona salute) della Chiesa che porta ovunque la Buona Novella. E che nello smarrimento del mondo moderno, ha certezze da dare. Splendendo come un faro nella notte. E trasformandosi in fiaccola che va a donare luce. La personalità dei papi, come di tutti, è complessa. E non è mai di un colore solo. Benedetto XVI ha portato alla Chiesa e al mondo la sua profonda preparazione teologica e di pensatore. Cercando di riportare all’essenziale il messaggio evangelico, che talvolta sembra dissolversi nella cultura moderna. La pastoralità dell’azione di Francesco si esprime nello sforzo del dialogo con il mondo moderno e anche con i lontani. Che alle volte sembrano apprezzarlo più di alcuni più vicini o vicinissimi. Manifestano le stesse paure degli avversari di Gesù che frequentava pubblicani e stranieri. E accettava gesti di venerazione da prostitute. Quella di Francesco è una Chiesa che si preoccupa più degli altri che di se stessa. In dialogo prima di tutto con i fratelli separati. Più che una novità è la continuazione, con la stessa tenacia, di tutto il movimento ecumenico. Un moto che il Concilio Vaticano II ha benedetto e rafforzato con i suoi documenti. Ne è una conferma il cambio di atteggiamento e di linguaggio verso gli ebrei. Verso le Chiese non cattoliche. E anche verso i musulmani e i fedeli di altre religioni. Riconoscendo “semi del Verbo“, cioè elementi di verità e di bontà, anche nella loro fede. Per Francesco la povertà è al centro del Vangelo. Secondo un filone di testimonianza mai interrotto nella storia della Chiesa. Ogni movimento religioso ha sempre posto la povertà come fondamento della propria spiritualità. Come quello benedettino, francescano, gesuita. Non sempre, però, la pratica ha sempre mantenuto lo spirito iniziale. E la misericordia è l’attuazione della Scrittura che viene ora riscoperta da molti come fosse una novità. È innegabile l’affievolirsi nei secoli del messaggio di misericordia divina. Che invece pervade tutto l’Antico e il Nuovo Testamento.Forse a tanti è sembrato che un Dio che prova compassione venisse impoverito. E troppo spesso è stata attribuita a Dio la concezione umana di giustizia. Che non è la sua, per fortuna degli uomini. Lo slancio che conduce a Dio è lo stesso che porta al prossimo. Sia come singolo che nelle strutture sociali che l’umanità ha creato. La tentazione è da sempre quella di dividere le due cose. Mentre l’impegno nell’una è la verifica della bontà dell’altro. Il Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo apprezza l’enciclica “Fratelli tutti” di Francesco. “Siamo completamente d’accordo sull’invito-sfida“, afferma. L’ecumenismo, quindi, come strada verso una fraternità. Una presa di coscienza che deve spingere i cristiani di ogni confessione ad abbandonare l’indifferenza. Stop al cinismo che governa l’attuale vita ecologica, politica, economica e sociale in genere. Stop a unità centrate su sé stessi o disinteressate. L’esigenza di poter sognare il mondo come una famiglia umana unita.Lo sviluppo economico non ha ridotto il divario tra ricchi e poveri. Piuttosto, secondo Bartolomeo, ha stabilito la priorità del profitto. A scapito della protezione dei deboli. E contribuisce all’esacerbazione dei problemi ambientali. La politica, concordano cattolici ed ortodossi, è diventata serva dell’economia. Il problema dei rifugiati. Il terrorismo. La violenza di Stato. L’umiliazione della dignità umana. Le moderne forme di schiavitù. L’epidemia di Covid-19. Tutto ciò, avverte il patriarca, mette la politica davanti a nuove responsabilità. E cancellano la sua logica pragmatistica.

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