La missione di pace di Francesco in Africa è al tempo stesso un viaggio nel passato e nel futuro della Chiesa. Il Papa torna alle origini del cristianesimo perché ad essere visitata in questi densissimi giorni è una comunità evangelicamente povera di mezzi ma ricca di fede come era l’Ecclesia degli albori. Ma al contempo Jorge Mario Bergoglio si reca nei luoghi dove più floride sono quelle vocazioni e conversioni che prefigurano la cristianità di domani. Nella Repubblica Democratica del Congo e in Sud Sudan l’appartenenza religiosa unifica il tessuto sociale e la vita collettiva sociale risanando una realtà sconvolta da decenni di guerre civili. E’ l’attualizzazione della testimonianza di Santa Giuseppina Bakhita, prima suora comboniana africana nata un secolo e mezzo fa nell’attuale Sud Sudan e patrona delle vittime della tratta.
L’Africa non è una periferia geografica ed esistenziale nella “Chiesa povera per i poveri”. E’ il centro della fede globalizzata del terzo millennio. Non a caso il Papa ha voluto aprire il Giubileo straordinario della Misericordia – ancor prima che a Roma, a San Pietro – nella cattedrale di Bangui, capitale della Repubblica Centroafricana. Un segno carico di significato per il futuro della cattolicità intera. Sul piano più strettamente ecclesiale, già mezzo secolo fa (subito dopo il Vaticano II) alcuni teologi parlavano delle nuove capitali della teologia, da collocare non più in Europa, ma nelle grandi città dell’Asia o dell’Africa, oltre che dell’America latina. Raggiungere le diocesi di Congo e Sud Sudan equivale portare l’attenzione della Chiesa di Roma – che presiede a tutte le Chiese nell’amore – verso uno dei tanti «sud» continentali, quasi per decentrarne l’asse di riferimento. Nel caso specifico di papa Bergoglio, uno sguardo verso altri continenti, come quello africano, ovviamente nella speranza di offrire come una nuova “curvatura” al processo di apertura al mondo. Durante l’omelia all’aeroporto di N’dolo a Kinshasa il Pontefice ha indicato la missione come “sorgente della pace” per “fare posto a tutti nel cuore”. Affinché “le differenze etniche, regionali, sociali e religiose vengano dopo e non siano ostacoli”. Siamo tutti “membri della stessa comunità umana”.
Fin dall’inizio del suo pontificato Francesco ha posto i temi della povertà e dell’Africa, dei giovani, dell’ecumenismo e dell’annuncio della fede al mondo secolarizzato. Jorge Mario Bergoglio ha messo l’Africa e l’Asia al centro della geopolitica vaticana. Secondo Francesco le Chiese “giovani”, come già evidenziato anche dai suoi predecessori, hanno impresso profondamente nel cuore della Chiesa l’esistenza della povertà, della fame, dell’ingiustizia. Anche Benedetto XVI dedicò all’Africa un Sinodo dei vescovi e due dei suoi più significativi viaggi apostolici all’estero (Benin e Camerun-Angola) perché “le Chiese del terzo mondo richiamano elementi profetici”. E’ la lezione pure di un esemplare figlio della Chiesa africana come il cardinale Bernardin Gantin, ex decano del Sacro Collegio. Non a caso papa Bergoglio nel secondo giorno di viaggio nella Repubblica democratica del Congo ha incontrato le vittime del conflitto nell’Est del Paese. Donne, bambini, persone con mutilazioni a causa della guerra, a cui hanno tagliato le gambe, le braccia. Molti sono fuggiti e arrivati a Kinshasa, dopo essere state aiutate da Caritas Gom”. Nelle regioni dell’Est – Ituri, Nord Kivu, Sud Kivu – sono presenti oltre 120 gruppi armati. Qui nei giorni scorsi l’Onu ha scoperto fosse comuni. La missione africana di Francesco è da leggere proprio nella prospettiva di una Chiesa che si fa vicina senza paura a chi soffre, come una madre ai suoi figli. Una vocazione della Chiesa per il mondo e nel mondo.
Nelle varie tappe Francesco rilancia e rafforza l’idea dell’incontro fraterno e della condivisione, creando relazioni per superare antichi steccati. L’Africa è terra di antica radice cristiana. La “mezzaluna fertile” (il Nord Africa) ha avuto le prime comunità che hanno fecondato tutta l’Europa. Ora in quei posti rimangono piccole comunità e sono quelle che, in dialogo con altre religioni, porteranno la pace e la stabilità nella visione di papa Bergoglio. Nella tormentata ma promettente Africa odierna Francesco propone una Chiesa aperta e viva che non sia un’assistenza sociale, ma una carità operosa che renda i cristiani simili a Gesù: miti e umili di cuore, senza pregiudizi e accoglienti. Attraverso la disponibilità a spogliarsi di sé per arricchire gli altri. Spesso l’Europa sembra aver dimenticato il primo annuncio dell’amore di Cristo cedendo a compromessi che sono in antitesi al Vangelo.
L’avvenire delle Chiese del Sud del mondo è strettamente connesso alla loro capacità di interpretare la domanda di giustizia sociale e di mantenere un forte radicamento nella religiosità popolare. Un cristianesimo più giovane, più fresco può rappresentare, la nuova frontiera per la Chiesa universale. In Africa la fede cristiana ha favorito lo svilupparsi di una liturgia che risulta più vivace, assieme ad un desiderio di fare comunità più sentito, ad un ruolo dei catechisti e dei laici più marcato. Con un monito accorato di Francesco. “Giù le mani dall’Africa”, basta con lo sfruttamento delle risorse naturali, dell’ambiente. Occorre fermare quel “colonialismo economico” che toglie la dignità ai popoli del continente. Le violenze che insanguinano le nazioni africane da decenni sono legate anche alla gestione delle risorse naturali. Così i diamanti e il coltan per i telefonini finiscono per essere risorse “insanguinate”. E ciò “nel silenzio della comunità internazionale”.
“Avrei voluto andare a Goma – ha confidato in volo il Pontefice ai giornalisti – ma c’è la guerra e non si può“. E’ la zona ad est, quella più travagliata del Paese, dove gli attentati sono all’ordine del giorno e dove fu ucciso l’ambasciatore italiano Luca Attanasio. Per arrivare in Congo l’aereo del Papa attraversa il deserto del Sahara. Francesco guarda dall’oblò e pensa alle persone “in cerca di un po’ di benessere e di libertà”. E prega in silenzio per chi “non ce l’ha fatta”. Tanti sono i bambini che non vanno a scuola, perché “anziché ricevere una degna istruzione, vengono sfruttati!”. Troppi muoiono, “sottoposti a lavori schiavizzanti nelle miniere”. Francesco invoca sforzi per denunciare la piaga del lavoro minorile e porvi fine. E “quante ragazze sono emarginate e violate nella loro dignità”. Il tesoro più prezioso dell’Africa è “il valore dei suoi cittadini”. Francesco parla al sud perché il nord ascolti. L’umanità non ha un domani senza mettere al centro l’Africa.